17 gennaio 2013

ALLA RICERCA DELLA LUCE DEL NORD – Interrail Atto II

Esiste una caccia ad un tesoro leggendario e fantastico che mette in cammino migliaia di persone ogni anno da ogni parte del Mondo. Si tratta di una ricerca epica ed avventurosa. Un viaggio attraverso le terre più inospitali ed ostili del pianeta. Un'impresa audace guidata anche dall'istinto per assistere ad uno degli spettacoli naturali più preziosi ed unici: l'Aurora Boreale. Il nostro lungo viaggio sulle ferrovie europee parte da Milano e si perde nei deserti di neve norvegesi. Abbiamo attraversato quattro nazioni, percorrendo circa 3.700km, sfidando l'inverno polare, solamente nella speranza, affatto certa, di osservare, anche per un solo istante, lo spettacolo della Luce del Nord.

L'Aurora Boreale! Quella luce così particolare e dal fascino estremo che illumina solo una piccola parte del suolo terrestre, quella oltre i 60° di latitudine, e che scaturisce dall'incontro diretto tra l'atmosfera terrestre e le particelle solari. E' questo l'unico fenomeno conosciuto attraverso il quale una stella tocca materialmente il nostro pianeta in un bacio allegorico che trasforma l'aria in un verde vento magico. Uno spettacolo mozzafiato, quasi mistico, ma anche capriccioso ed incostante: numerosi sono i viaggiatori tenaci ed insistenti nella ricerca che sono costretti a tornare a casa senza essere riusciti ad ammirare nemmeno per un istante un barlume di Aurora Boreale. Confidando nella nostra fortuna facciamo i bagagli e partiamo all'avventura.

Prima Tappa: Milano P.ta Garibaldi - Berlino Hauptbanhof
La prima tratta ci porta nella capitale tedesca. Quasi interamente ricostruita dopo essere stata praticamente rasa al suolo durante la II Guerra Mondiale, Berlino offre al visitatore un aspetto diverso rispetto alle altre città della Germania: più nuovo, recente, moderno. Eppure le testimonianze della storia, soprattutto di quella più recente, non mancano e qui formano una contaminazione molto particolare tra passato e presente. Il nostro punto di partenza è stato Friederichstrasse, grande arteria urbana oggi perno della vita commerciale della città. Nel dopoguerra, in realtà, la strada venne divisa in due dalla costruzione del celebre muro tra Germania Est sovietica e Germania Ovest americana: alla prima spettava il tratto che attraversava il quartiere Kreuzberg, oggi sede della più grande comunità turca della città, mentre alla seconda apparteneva il tratto compreso nel quartiere Mitte, il centro storico. Le due metà erano in comunicazione tra loro attraverso il famoso Checkpoint Charlie, unica porta di comunicazione tra i due antipodi, ancora oggi rimasto intatto a memoria del recente doloroso passato della città. Dopo il crollo del Muro di Berlino, nel 1989, Friederichstrasse venne unificata e successivamente rimodernata con la costruzione di importanti palazzi commerciali, divenendo uno dei centri urbani più vissuti ed attivi della capitale. 

L'anima di Berlino in effetti è viva a metà tra un trascorso malinconico ed un presente arrembante: ovunque è possibile avvertire quella irrefrenabile operosità tipica delle metropoli moderne mista però ad una silenziosa e velata tristezza, eredità del tragico passato. Principio di tante visite della città è Potsdamerplatz, vecchio centro degli affari nella Berlino prebellica. In questa piazza tutto parla contemporaneamente lingue di due tempi diversi: palazzi abitativi di nuova fattura si specchiano nella vecchia stazione ferroviaria (oggi fermata del metrò). La piazza venne completamente distrutta con i bombardamenti che posero fine alla II Guerra Mondiale e con la successiva ricostruzione perse il proprio ruolo di cuore del commercio cittadino. A ricordare oggi i fasti del passato e a celebrare un presente ambizioso, sorge ad un lato della piazza il Sony Center, un nuovissimo, moderno e architettonicamente avveniristico centro commerciale ospitante, sotto la propria cupola di vetro, negozi, ristoranti ed uffici, tra i quali il quartier generale europeo della Sony che ne sponsorizzò la costruzione nel 2000. Fa molto effetto notare sullo stretto piazzale antistante l'alto edificio residui ancora conservati del vecchio Berliner Mauer (il Muro di Berlino), pieni di graffiti e consumati, ergersi per pochi metri sotto l'ombra del magnificente e moderno nucleo di commercio. Proseguendo oltre, peraltro, è possibile raggiungere dapprima la Philharmonie Berlin, sede di una delle orchestre filarmoniche più celebri nel Mondo per la precisione e la maestria nelle esecuzioni, quindi la St. Matthäuskirche con l'antistante Neue Nationalgalerie, il museo d'arte moderna di Berlino. Pazientate ancora un istante e spingetevi un poco più in là. Fate correre le gambe che cominciate forse a sentire già stanche e vi assicuro che eviterete di perdervi uno dei luoghi dal simbolismo e dal significato più forte di tutta Berlino: in Breitscheidtplatz, raggiunto il quartiere Charlottenburg, sorge la Kaiser Wilhelm Gedächtniskirche, il monumento al passato della capitale tedesca. L'edificio è costituito da una chiesa protestante intitolata dall'imperatore di Germania Guglielmo II Hohenzollern all'antenato imperatore Guglielmo I Hohenzollern, costruita nel 1891 ed irrimediabilmente danneggiata dai bombardamenti alleati nel 1943. Oggi dell'antica struttura, costruita in bellissimo stile romanico, rimangono le rovine del portale principale e della guglia più alta sormontante la torre dell'orologio, tutto il resto è stato irreparabilmente raso al suolo dalle bombe della II Guerra Mondiale. Per il suo tipico aspetto odierno questo edificio storico viene soprannominato dai berlinesi Hohle Zahn, vale a dire "dente cavo", e rappresenta una viva cicatrice della passato recente della città, senza filtro e senza schermo, completamente concesso senza veli agli occhi di tutti. Al termine del conflitto mondiale la piazza sulla quale sorgeva la chiesa venne intitolata a Rudolf Breitscheid, leader socialista e capo delle lotte operaie tedesche, martire delle epurazioni naziste. Subito venne proposto un progetto per ricostruire e porre rimedio alla rovina della vecchia chiesa, ma fu una strenua protesta popolare ad impedire l'opera, ed i resti della Gedächtniskirche rimasero intatti a testimoniare il vissuto del popolo di Berlino. Vennero però realizzate due costruzioni attigue: sul lato est una nuova torre campanaria alta 53m e a pianta esagonale, dotata di sei campane in bronzo ottenute dalla fusione di cannoni francesi conquistati nella Guerra Franco-Prussiana di fine '800; sul lato ovest una moderna cappella alta 21m. L'interno della cappella proietta il visitatore in un ambiente magico: le alte vetrate blu infondono una luce particolare e dolce, la forma ottagonale rende lo spazio davvero accogliente ed è davvero difficile resistere dal sedersi sulle lunghe panche ad ascoltare la musica del grande organo che spesso suona, anche lontano dalle celebrazioni, proprio di fronte ad un altare aperto e spazioso sul quale troneggia una bella rappresentazione in legno del Cristo crocifisso. Le due recenti costruzioni laterali sintetizzano, con la rovina della chiesa antica nel mezzo, il concetto perfetto di Berlino, antica nuova città. Il colpo d'occhio è davvero impressionante: vecchio e nuovo, un Hohle Zahn circondato da una Puderdose (vale a dire una "scatola di cipria") e da un Lippenstift (cioè un "rossetto"), così i berlinesi soprannominano le due costruzioni più recenti. Un'ultima curiosità su questo luogo: la leggenda racconta che l'ultimo sermone tenuto dal parroco nella chiesa antica, poche ore prima del bombardamento, fosse incentrato sulla fugacità delle opere terrene. Ma lasciamoci ora alle spalle Potsdamerplatz e percorrendo Ebertstrasse, costeggiando il Tiegarten, il parco pubblico più esteso della città con i suoi 5km² di superficie, si raggiunge in poche centinaia di metri il centro della vita politica di Berlino. Il Reichstag è la sede del Parlamento Tedesco: costruito alla fine del XIX secolo, venne abbandonato con l'avvento del Terzo Reich. Durante questa dittatura il palazzo venne anche dato alle fiamme e parzialmente distrutto. Con l'occupazione alleata, il Reichstag venne conquistato dalle truppe sovietiche, quindi ricostruito dai danni dei bombardamenti e assegnato ai territori della Germania Ovest. Riprese la propria funzione solo dopo il 1989, anno della caduta del Muro di Berlino, concludendo così una vicenda infinita che ha impresso su questo edificio il marchio della storia. Oggi appare come una costruzione incredibile, con una facciata tradizionale ed una cupola di vetro dall'aspetto invece più moderno. A pochi passi un altro simbolo di Berlino: la Brandeburger Tor, la Porta di Brandeburgo. Questo monumento dallo stile neoclassico venne edificato nel XVIII secolo su progetto dell'architetto Carl Gotthard Langhans, il quale prese ispirazione dal Propilei dell'Acropoli di Atene per la sua realizzazione. Sulla sommità riporta una scultura raffigurante la dea della Pace trasportata da una quadriga trainata da quattro cavalli: questa scultura venne saccheggiata da Napoleone I nel 1807 che la trasportò a Parigi. Fu riportata in patria solo nel 1814 dopo la caduta dell'Impero Napoleonico. Oggi è il simbolo dell'intera città.

Facendo ritorno verso Potsdamerplatz, consiglio vivamente di fermarsi a visitare l'Holocaust Mahnmal, il Memoriale dell'Olocausto, vera opera d'arte a cielo aperto situato in Cora-Berliner-Strasse. Realizzato nei primi anni del 2000 da Peter Eisenman e Buro Happold, è composto da 2.711 stele di calcestruzzo grigio disposte su un'area di 19.000m², a formare un labirinto all'interno del quale il visitatore può letteralmente perdersi cogliendo in maniera diretta una sensazione di angosciosa solitudine: allo stesso tempo un'opera ammirevole ed un'esperienza diretta e piena. Il monumento, tra l'altro, sorge sui terreni un tempo appartenuti a Joseph Goebbels, gerarca nazista e capo della propaganda del Terzo Reich.
Altro simbolo della città da non perdere, mentre si gusta un succulento Bratwurst, è Alexanderplatz, piazza più famosa e frequentata di Berlino. Al suo centro la Fernsehtum, la Torre della Televisione, alta ben 368m. Importante centro commerciale e simbolo di modernità e tecnologia, la piazza è circondata da alti edifici ed ospita spesso mercatini tradizionali. Nel nostro caso, essendo vicini al periodo natalizio, era montata anche una piccola pista di pattinaggio su ghiaccio. A caratterizzare il luogo la Marienkirche, piccola chiesa di culto protestante, la quale sorge su un lato della piazza a conferirle un tocco di solenne antichità. Attrattiva molto ammirata, infine, è l'Urania Weltzeithur, l'Orologio Urania Tempo del Mondo, un orologio monumentale che segna l'ora corretta con la rappresentazione del nostro sistema solare, installato recentemente nel 1969. Attiguo ad Alexanderplatz, raggiungibile a piedi, un altro svincolo cruciale di Berlino: Karl-Marx-Allee, grande arteria del traffico urbano, con la pittoresca Haus des Lehrers, primo esempio in città di edificio in stile funzionalista internazionale in contrapposizione allo stile socialista tradizionale, abbellito da un grande dipinto murale sulla facciata dedicato al pittore messicano Diego Rivera.

Quando sentivo nominare Berlino però, prima di cominciare a cimentarmi in questo folle viaggio, nel mio immaginario avevo in mente una sola cosa: la East Side Gallery. Anche per i più giovani è facile associare la capitale tedesca alle vicende legate al Muro di Berlino che dal dopoguerra per 40 anni ha diviso la città in due mondi distinti e contrapposti. Le immagini legate a quella parte di storia europea sono ancora vivide nella memoria comune di tutti. Così, nella mia testa, le rovine superstiti del Muro di Berlino, oggi raggruppate nel complesso della East Side Gallery, apparivano come una specie di tempio sacro, una sorta di santuario della memoria ancora vivo delle vicende che ha vissuto e delle storie delle persone che ha diviso. Alto poco più di 3,5m, lungo 106km di cui solo 43km all'interno della città di Berlino: questi erano i numeri e le caratteristiche del muro più famoso della storia. Di quel muro oggi rimangono 1,3km di graffiti e di vere opere pittoriche da strada, eterne e magnifiche, affacciate su un breve tratto del fiume Sprea. Si tratta di una parte di Muro di Berlino costruita sul versante est (da qui il nome del sito), mentre sul lato ovest la presenza del fiume stesso rendeva superflua la realizzazione di un muro parallelo di richiamo e rinforzo al primo: in effetti questo è l'unico segmento del Muro di Berlino ad essere singolo, mentre nel resto del suo percorso esso era originariamente composto da una doppia cinta muraria separata da uno stretto spazio largo pochi metri che ospitava i militari di sentinella, chiamato grottescamente la Striscia della Morte. Oggi ciò che rimane dell'originale Muro di Berlino costituisce un inno alla pace ed alla libertà nella forma di miriadi di colori, disegni ed idee differenti. 

Tantissime sono le immagini e le opere che ne caratterizzano la superficie, alcune firmate anche da artisti di fama internazionale: la cosa più stupefacente, in effetti, è che questo luogo di passate sofferenze, violenza e repressione sia diventato un concentrato di gioia e di fantasia. Una vera galleria di arte moderna a cielo aperto. Una passeggiata lungo tutta la lunghezza della East Side Gallery penso sia doverosa per ogni persona che ha potuto studiare la nostra storia recente sui libri di scuola: un tributo alla memoria del passato ed un atto di speranza verso il futuro. Pensare alle conquiste dei nostri antenati negli anni della caduta del Muro di Berlino, alla disperata affermazione di volontà nei confronti dei regimi, alla pacifica resistenza ed alla forza dei popoli contro le oppressioni dei governi, mi riempie di fiducia e un po' anche di orgoglio. Io personalmente, nel mio ricordo delle immagini impresse sulla superficie della East Side Gallery conservo la Trabant che sfonda la superficie della parete, il fiume di volti lungo la Striscia della Morte, l'Alba della Pace, il piede che scavalca l'ostacolo di un muro sorretto da una mano, ed inevitabilmente il celebre bacio tra Breznev e Honeker il quale ancora oggi non si sa se sia reale o frutto di abile fotomontaggio ma che di fatto costituisce uno dei simboli della fine della Cortina di Ferro, vale a dire della separazione ostile negli anni della Guerra Fredda tra URSS e USA. Furono proprio queste opere d'arte (alcune in realtà eseguite solo successivamente), uniche e soprattutto libere, a conservare la East Side Gallery dall'abbattimento.

Seconda Tappa: Berlino Hauptbahnhof - Tromsø Prostneset
Da Berlino comincia per noi un'odissea davvero indescrivibile. Il primo tratto ferroviario ci conduce da Berlino a Copenaghen: tratto tutto sommato tranquillo compiuto in notturna in circa 8 ore. Scambio a Copenaghen Hovedbanegard e ripartenza per Stoccolma: altre 5 ore diurne di viaggio. Ancora scambio alla Centralstation di Stoccolma, quindi ripartenza alla volta di Narvik, piccolo svincolo obbligato per i viaggiatori che si spingono nelle terre del nord situate nell'estrema Norvegia settentrionale. Quest'ultima è stata in assoluto la tratta più impegnativa: il viaggio dura circa 19 ore. Il treno notturno attraversa un paesaggio surreale: neve, neve, e ancora neve in distese sconfinate interrotte solo da piccole stazioni ferroviarie, isole di luce in mezzo al nulla, che concedono sosta al convoglio di tanto in tanto. Se aggiungiamo il fatto che oltre una certa latitudine si entra nella Notte Polare, una notte che dura ininterrottamente circa un mese a causa dell'inclinazione dell'asse terrestre tale da non permettere l'arrivo dei raggi solari, è facile comprendere come si viva il viaggio come un sogno ad occhi aperti. Ti aspetti in ogni momento di veder spuntare l'alba ed invece la notte perdura. Sembra di essere all'interno di una favola ed ogni cosa appare come una magia. Pare quasi di attraversare un altro pianeta. Un'esperienza che sicuramente non dimenticherò per il resto della mia vita. Nelle strette cuccette del vagone letto non riuscivo a distogliere lo sguardo, fuori dal finestrino, dalla notte perenne che avvolgeva l'inverno più puro che esista. Davvero surreale. In tale surreale scenario, già presentivo l'Aurora Boreale avvicinarsi. Dopo questo viaggio infinito durante il quale abbiamo avuto anche la fortuna di mangiare impietosi tramezzini farciti con una specie di paté di renna, eccoci arrivati a Narvik. Da qui un autobus ci conduce, in poche ore, alla nostra meta finale: Tromsø. Il freddo che ci accoglie al nostro arrivo è purificante, così pulito e pieno: ci si trova sulla terraferma ma sembra di essere cullati in una fredda piscina dalle acque cristalline.

Abbandoniamo i nostri bagagli in una guesthouse piccola ma accogliente (e soprattutto calda) dopo esserci persi per le vie cittadine ed aver bussato a qualche porta in cerca di indicazioni: la gente del posto è abbastanza cordiale ma lo stesso venivamo guardati come se venissimo dalla parte opposta del Mondo…ed in effetti era proprio così. In città tutte le costruzioni sono in legno, materiale ideale per isolare dal freddo, ma anche ecologico, leggero e resistente. Tromsø è una piccola città, solo 68 mila abitanti (anche se in verità è il centro abitato con più di 50 mila abitanti più a nord del Mondo), eppure offre uno sguardo piacevole al visitatore che la incrocia: noi l'avevamo scelta come base ideale per la nostra ricerca dell'Aurora Boreale ed in effetti la città si presta benissimo allo scopo, costituendo una delle migliori aree urbane dove è possibile avvistarla in Europa. Ma per i più curiosi Tromsø offre anche qualche occasione per conoscere qualcosa di interessante. Così anche noi, sempre accompagnati dalla Notte Polare, ci siamo avventurati a visitarla. Innanzitutto è da segnalare il paesaggio: l'agglomerato urbano si sviluppa sull'isolotto Tromsøya, in uno stretto canale tra i fiordi del Mare di Norvegia. Attraverso il Bruvegen, ponte sospeso sul mare, si raggiunge la costa o Tromsdalen, mentre sul lato opposto un altro ponte conduce su Kvaloya, l'Isola delle Balene, sulla quale si sviluppa l'ultima porzione di Tromsø, la più estrema verso il mare. Il centro della città si sviluppa però, come già detto, proprio su Tromsøya, affacciato sul Tromsdalstinden, il Picco di Tromsø, collina costiera dirimpettaia dell'isolotto sulla terraferma. Questo paesaggio, domato solo parzialmente dalla mano dell'uomo, avvolto dalla Notte Polare, offre scorci davvero particolari fornendo a mio parere perfettamente l'idea di convivenza tra l'uomo ed una Natura ancora indomita. E vedere dopo ore e ore di buio notturno, in maniera del tutto inaspettata, un pallido accenno di alba arrampicarsi faticosamente sulla cima del Tromsdalstinden senza mai raggiungerlo, mentre sedevo da solo nel silenzio lungo la riva innevata del mare, è stato per me davvero uno spettacolo unico ed indimenticabile.

A parte il paesaggio, non mancano comunque in città i punti di attrazione. Il sito forse più rappresentativo è costituito dalla Ishavskatedralen, la Cattedrale dell'Artico, edificio religioso in cemento (una delle poche costruzioni di tale fattura presenti in città) datato 1965 e situato sul Tromsdalen. L'aspetto è molto particolare, soprattutto quando illuminata dalle luci che scendono lungo le pareti le quali sembra che si alzino dal terreno come tante lastre di ghiaccio purissime. Il risultato è che la costruzione appare come la diretta prosecuzione verso il cielo dei ghiacci che ricoprono il suolo. Un esempio di architettura perfettamente armonizzata con il paesaggio. Un vero santuario della neve e del ghiaccio. Ritornando invece verso il centro della città e percorrendo Storgata, la via principale che la attraversa per intero, è possibile trovare altri curiosi punti di interesse. A partire dalla Tromsø Domkirke, la Cattedrale di Tromsø, interamente in legno, l'unica in questo materiale in tutta la Norvegia, completata nel 1861: è la cattedrale protestante situata più a nord del Mondo. Proseguendo si incrocia la Bibliotek og Byarkiv, la biblioteca cittadina, dove ci siamo fermati per rifugiarci dal freddo cogliendo anche l'occasione per giocare una partita a scacchi: io che sono a prescindere un grande appassionato di letteratura e che provo sempre un intimo piacere ad entrare nelle biblioteche l'ho trovata particolarmente bella ed accogliente. Poco più avanti si incontra il Radhusparken, un raccolto spiazzo verde nel mezzo del quale sorge un gazebo di legno e soprattutto la statua dedicata ad Haakon VII, primo re di Norvegia: salito al trono nel 1906 subito dopo il raggiungimento dell'indipendenza nazionale, questo integerrimo sovrano ebbe il merito di condurre la Norvegia attraverso il difficile periodo storico della II Guerra Mondiale, rifiutando di sottomettersi all'invasore nazista, rifugiandosi proprio a Tromsø (che fu quindi capitale per la durata di un mese nel 1940) insieme ad un governo clandestino che rinunciò a patteggiare con la potenza tedesca, infine sopportando l'esilio in Inghilterra per cinque lunghi anni, i più bui della storia norvegese. A poca distanza sorge Erling-Bangsunds-Plass, piccola piazza situata a ridosso del porto, distinta per ospitare il Fangst-og-Fiskerimonument, il Monumento al Cacciatore ed al Pescatore Artico, statua bronzea realizzata nel 1984 dallo scultore Sivert Donali in onore dei pescatori di balene norvegesi, primitivi fondatori della città di Tromsø nonchè storici esponenti di quella che fu la principale attività di sostentamento economico della regione. Infine, proseguendo, si raggiunge il Perspektivet Museum, piccolo museo contemporaneo locale dove noi abbiamo potuto visitare una interessante mostra collettiva fotografica di ritratti. Per ultimo segnalo il Polaria, l'acquario artico: bello nella struttura esterna che ricalca quella della Cattedrale dell'Artico ma sinceramente non mi pareva valesse la pena di visitarlo, quindi l'ho evitato.
Torniamo alla guesthouse stanchi ma soddisfatti: a Tromsø si respira la stessa aria magica avvertita osservando la notte profonda durante il nostro viaggio in treno. Pranzando nella cucina comune dell'ostello facciamo amicizia con due ragazzi tedeschi provenienti da Francoforte anche loro in cerca dell'Aurora Boreale nell'estremo nord. Mentre noi gustavamo delle ottime penne al sugo di salmone norvegese, loro trangugiavano degli spaghetti scotti attingendoli direttamente dalla padella non scolata: non ce la siamo sentita di lasciarli a questo terribile destino e li abbiamo invitati ad unirsi a noi. Ci ripagano trascorrendo la notte in nostra compagnia nella sala comune raccontandoci i dettagli della vita tramandata dai loro avi tedeschi vissuti negli anni della tetra ombra del Muro di Berlino. Intorno ad una bottiglia di Jegermeister che prima di fine serata era già terminata, alla luce artificiale della lampada e con la Notte Polare fuori dalle finestre, ci raccontano di come i loro antenati tentassero costantemente di sfuggire alla repressione della Germania divisa. Scopriamo che il confine tra Est e Ovest nella Germania post-conflitto mondiale andava circa da Lubecca, nel nord, a poco sopra Norimberga, a sud. Berlino era una città completamente compresa nei territori della Germania Est, ma a sua volta, quale capitale, era suddivisa in due territori spartiti tra Est e Ovest. Il muro che attraversava la città tagliandola in due serviva ovviamente per separare i cittadini delle due metà ed evitare soprattutto che abitanti dell'Est sovietico e dittatoriale sconfinassero nel più liberale Ovest. Scopriamo così che il Muro di Berlino non divideva le due Germanie ma solo la città di Berlino, e con questa si trovava interamente nei territori della Germania Est. Questa tragica separazione diede vita ad episodi drammatici ed incredibili che causarono, al termine del periodo di divisione, un netto di 133 morti, tutti deceduti nel tentativo di trovare la libertà. Il racconto più assurdo per me è stato quello di alcuni ragazzi decisi ad abbandonare clandestinamente la parte est di Berlino nascosti dentro una vecchia utilitaria: per evitare di essere scoperti si erano fatti chiudere dentro l'imbottitura dei sedili. La via da Berlino est a Berlino ovest era ovviamene la più breve per abbandonare i territori sovietici ma anche la più pericolosa: il Muro di Berlino era costantemente sorvegliato a vista da soldati armati che avevano l'ordine di sparare su chiunque tentasse la fuga. La via più lunga ma più praticabile invece era quella attraverso gli ostili territori della Germania Est fino alla Cecoslovacchia, dalla quale era più facile trovare la fuga. Questa assurda battaglia tra civili ed eserciti veniva messa in atto in virtù della cosiddetta Guerra Fredda tra due superpotenze dai valori e dagli ideali contrapposti, in un circuito mortale che falcidiava un popolo innocente che nulla aveva a che fare con queste dinamiche politiche. Assurdo! Andiamo a dormire ringraziando la fortuna di aver fatto un incontro così interessante e stimolante.

Il giorno successivo, all'alba (si fa per dire visto che la notte continua imperterrita) comincia la nostra ricerca dell'Aurora Boreale. Dopo un pomeriggio trascorso fermi, seduti su una panchina, in riva ad un lago ghiacciato nella città alta, scattando ciclicamente foto a cavalletto per catturare la luce, decidiamo di tornare alla base prima di rischiare l'assideramento. Dopo cena decidiamo di avventurarci verso il confine nord dell'isola, al limite con il mare, insieme ai nostri amici tedeschi. Arriviamo ad un deserto molo di legno oltre il centro abitato, immerso nel buio ed aperto sul mare scuro e calmo. Attendiamo in silenzio per ore. Nulla. La Luce del Nord non si concede a noi. I nostri amici ci offrono un po' di cioccolata calda, il freddo comincia a farsi sentire. Poi, quando già cominciavamo a disperare, ecco che l'Aurora Boreale arriva ad illuminare i nostri sguardi: mentre stavamo per smontare macchina fotografica e cavalletto un leggero alito verde comincia a disegnare sfumate onde smeraldine in un angolo di cielo. Era un'Aurora Boreale debole, fugace e difficile da cogliere, ma per noi era il successo, una vera meraviglia. Un prodigio. Dopo pochi attimi ecco svanire tutto e ritornare al buio originario. Rimaniamo a bocca aperta con il naso all'insù a fissare un cielo che per un istante ci ha regalato uno spettacolo indimenticabile. Con l'amaro in bocca per la breve apparizione facciamo ritorno però ricchi di soddisfazione. Trascorriamo la notte sul porto di Tromsø, l'Havn, dopo aver gustato una birra locale al caldo di una bettola per pescatori, e guardiamo i fuochi d'artificio illuminare la Notte Artica: è capodanno. Indubbiamente il più strano che abbia mai trascorso! Mentre osserviamo allibiti dei giovani norvegesi entrare in alcune balere vestiti come noi ci vestiremmo nella più tiepida delle primavere, nei nostri indumenti da sci e cappelli di lana facciamo ritorno alle nostre camere.

Il giorno dopo è quello della nostra partenza: dobbiamo già fare ritorno verso casa. Un po' delusi per non aver goduto appieno dell'apparizione dell'Aurora Boreale ma ugualmente soddisfatti di averla anche solo intravista, saliamo sul nostro bus e ripartiamo verso Narvik. Ma l'Aurora Boreale, ve l'ho detto, è capricciosa e scostante. Così, mentre percorriamo a bordo dell'autobus una stretta strada affacciata su un lago, sotto delle montagne appuntite ed innevate, eccola in tutto il suo splendore. Una luce forte, di un verde mai visto prima. Sembra danzare, cambiando forma quasi impercettibilmente, ma mai nello stesso punto. Con un silenzio magico scende dal cielo ad illuminare i picchi montani nella notte scura. Incredibile! L'immagine che porterò sempre con me è quella del mio volto stupefatto riflesso nel finestrino del bus in moto. E se mai un domani mi ricapiterà di osservare la poesia fattasi materia allora sono sicuro che avrò la stessa espressione.
Arrivati a Narvik scopriamo che il treno a noi destinato è stato soppresso per impraticabilità dovuta alla presenza di abbondante ghiaccio sui binari. Un bus ci deve accompagnare più a sud, a temperature leggermente inferiori tali da permettere il viaggio su rotaia. Ci avventuriamo così in un itinerario da brividi attraverso il paesaggio dell'estremo nord della Norvegia: un deserto di neve dove non è possibile vedere anima viva o abitazione per centinaia e centinaia di chilometri. Osservare la Tundra, pianura innevata, e la Taiga, paesaggio montano interrotto da rare conifere, mi conferisce una sensazione di piccolezza ed impotenza come niente prima. Se devo essere sincero, il sentimento più vicino a quello che sentivo attraversando questo paesaggio è la paura. Una realtà maestosa e regale, che non si sottomette a regole e non accetta compromessi. Un esempio di rara integrità. Dopo ore e ore di autobus vediamo finalmente rispuntare il Sole. Ci abbandonano sulla banchina di una sperduta stazione ferroviaria dove ci rimettiamo subito in viaggio verso la nostra prossima destinazione.

Terza Tappa: Tromsø Prostneset - Stoccolma Centralstation
Arrivati a Stoccolma scade la durata del nostro Pass Interrail: dovremo fare ritorno a Milano per via aerea. Prima però ci prendiamo una giornata per visitare la capitale svedese. Nel mio immaginario di amante della letteratura, uomo di scienza e, ovviamente, di sostenitore della pace, Stoccolma è famosa per una cosa in particolare: il Premio Nobel. Qui si tiene ogni anno la celebrazione della consegna dell'onorificenza che premia le migliori menti del Mondo nel loro campo di attività. La fisica, la letteratura, la medicina, la chimica, la pace, eleggono i propri nuovi profeti ogni anno ad ottobre e gli eccellenti rappresentanti di queste discipline ritirano i premi loro assegnati in una cerimonia solenne il dicembre successivo. Questo importante appuntamento mondiale si tiene con regolarità dal 1901, anno della prima premiazione; dal 1969 è stato poi introdotto anche un'ulteriore riconoscenza conferita per i risultati nel campo dell'economia. L'appuntamento attira l'attenzione di tutto il pianeta ed i personaggi nominati entrano per sempre negli annali dell'umanità con le proprie scoperte e le proprie conquiste. La storia narra che l'ideatore dei premi, lo svedese Alfred Nobel, insigne chimico ed inventore tra le sue numerose scoperte anche della dinamite, venne dato erroneamente per morto nel 1888. Subito la stampa del tempo si scagliò senza pietà contro di lui criticandolo aspramente per i suoi studi sugli esplosivi e gioendo quasi della sua dipartita. Così Nobel, che invece era vivo e vegeto, cominciò a preoccuparsi della reputazione che stava costruendosi in vita e di quello che i posteri avrebbero pensato di lui dopo la morte, ed ideò quindi un sistema per ricordare nel tempo i personaggi più meritevoli nella storia della scienza: nacque così il Premio Nobel. La cerimonia di consegna di questi riconoscimenti si tiene come da tradizione nella Koncerthuset di Stoccolma, la Sala dei Concerti della capitale svedese. Questo che è il principale teatro della città appare per la verità come una costruzione un po' austera e dalle forme rigide: di fronte ad un alto colonnato, lungo la facciata, troneggia l'Orfeusbrunnen, una stretta fontana intitolata al mito di Orfeo. Sicuramente l'edificio mostra la parte migliore di sé dopo il tramonto quando viene illuminata da piacevoli luci blu. Dopo aver ricevuto il premio tutti i personaggi che hanno presenziato alla cerimonia partecipano ad una cena di gala che, sempre secondo tradizione, si tiene a poca distanza, nello Stockholms Stadshus, il Municipio di Stoccolma, situato su uno stretto atollo in mezzo ad uno dei canali nei quali il Lago Mälaren si incontra con il Mar Baltico, nella Baia Riddarfjarden. In effetti Stoccolma sorge proprio sulla costa svedese, al limite dell'estuario del lago ed affacciata sul mare: la conformazione della città è tipica ed inconfondibile, divisa in quattordici isolotti disseminati sulla superficie dell'acqua, caratteristica che le ha valso il soprannome di Venezia del Nord. Tornando comunque sulla via dei Nobel, il tutto si conclude con la deposizione dei premi ricevuti da parte dei vincitori nel Nobel Museet, il Museo dei Nobel, situato nel quartiere vecchio di Gamla Stan. Qui i riconoscimenti assegnati rimarranno per sempre a testimonianza eterna del merito ottenuto dai vincitori. Vale la pena visitare questo museo per incontrare da lontano, attraverso i secoli, personaggi come Ernest Hemingway, Martin Luther King, Marie e Pierre Curie, Pablo Neruda. Tra gli italiani vinsero il premio: Grazia Deledda, Luigi Pirandello, Rita Levi Montalcini, Renato Dulbecco, Dario Fo, Giulio Natta (chimica 1963), Franco Modigliani (economia 1985), Guglielmo Marconi, Enrico Fermi, Emilio Segrè (fisica 1959), Carlo Rubbia (fisica 1984), Riccardo Giacconi (fisica 2002), Giosuè Carducci, Salvatore Quasimodo, Eugenio Montale, Camillo Golgi, Daniel Bovet (medicina 1957), Salvatore Luria (medicina 1969), Mario Capecchi (medicina 2007), Ernesto Moneta (pace 1907). Venti menti illustri made in Italy. Visitando il museo si avrà anche la possibilità di raggiungere direttamente il cuore della città: il quartiere Gamla Stan. Questo piccolo agglomerato di case situato sull'isolotto Stadsholmen costituisce il primordiale nucleo urbano di Stoccolma originario dell'era medievale. In quest'epoca, quella che in seguito divenne la capitale della Svezia era una cittadella fortificata da mura e protetta dal mare su tutti i lati: perfetta per essere difesa e difficile da espugnare. Successivamente la città si allargò fino a diventare, nell'epoca moderna, una metropoli di rara raffinatezza e bellezza. Il quartiere fu anche teatro nel XVI secolo di uno dei fatti di sangue più tragici nella storia svedese: le truppe danesi invadendo i confini di Stoccolma fecero una carneficina di personaggi religiosi e nobiliari della politica svedese proprio tra le strade del Gamla Stan. Morirono circa 100 persone. A partire da questo avvenimento i destini delle due nazioni scandinave si separarono, evento che poi condusse la Svezia, fino ad allora unita sotto un solo monarca con Danimarca e Norvegia nell'Unione di Kalmar, a diventare una delle potenze politiche di spicco nell'Europa del XVII secolo. Fare una passeggiata nel Gamla Stan consente così di immergersi nella storia a metà tra antico e contemporaneo di Stoccolma: da non perdere in zona la Storkyrkan, la cattedrale di culto protestante nonchè principale luogo religioso della città, la Stortorget, la piazza centrale circondata da palazzi dalle particolarissime facciate sottili e colorate, e la Riddarholmskyrkan, antica abbazia francescana convertita a pantheon della Corona Svedese dopo l'avvento della Riforma Protestante e la fuga dei monaci che la abitavano nel XVI secolo. La guglia di quest'ultimo edificio è possibile intravederela sopra i tetti delle abitazioni da qualsiasi punto della città. Infine lo Stockholms Slott, il Palazzo Reale, residenza della monarchia svedese e mirabile esempio di arte barocca: si tramanda che l'architetto che lo realizzò, Nicodemus Tessin, si ispirò fortemente ai disegni di Gianlorenzo Bernini dedicati allo studio per l'ampliamento del Palazzo del Louvre ed il Palazzo Barberini a Roma. Penso quindi a come l'Italia abbia sempre, in ogni tempo, fatto tendenza negli stili in tutto il Mondo. A poca distanza il Riksdaghuset, sede del Parlamento Svedese. Per chi avesse ancora voglia di camminare consiglio di spingersi un po' più in là e, dopo aver attraversato un corto ponte, addentrarsi nello Skeppsholmen: questa piccola isola, fino al XIX secolo territorio della Marina Svedese, costituisce oggi la zona artistica della città. Dal Gamla Stan e dirigendosi verso lo Skeppsholmen infatti è possibile incontrare dapprima la Kungliga Operan, l'Opera Reale di Stoccolma, quindi il Nationalmuseet, il Museo Nazionale, infine arrivati a destinazione, il Modernamuseet, il Museo d'Arte Moderna, e l'Arkitekturmuseet, il Museo dell'Architettura. Di tutti questi ho potuto visitare l’ultimo, anche se forse consiglio maggiormente il Museo d’Arte Moderna che ospita opere di Picasso, Duchampe, Matisse, Dalì, oltre ad una collezione fotografica di oltre 100.000 scatti. Sulla cima della collinetta che domina tutto lo Skepsholmen vi consiglio una breve sosta sulle panchine circostanti il piazzale della Eric-Ericsonhallen (o Skeppsholmskyrkan), piccolo tempio del XIX secolo a pianta ottagonale, oggi secolarizzato e riqualificato in sala da concerto (è infatti dedicato alla memoria del conduttore d'orchestra Eric Ericson, scomparso nel 2013): luogo silenzioso, poco affollato e dal quale è possibile avere una bella vista sul centro della capitale svedese. Per il resto Stoccolma mi è parsa come una bellissima città, anche se ho avuto poco tempo per visitarla. L'architettura urbana sembra maestosa ed ordinata. Tutto ricalca il fasto del passato e celebra lo splendore contemporaneo tipico delle metropoli ospitanti monarchie, con il tocco di poetica atmosfera conferito dalla particolare ubicazione della città, sospesa su piccole isole affacciate sul mare. Un luogo dove sicuramente tornerei per una visita più calma e rilassata. Un giorno ci è bastato per avvertire la bellezza di Stoccolma. A bordo di un aereo facciamo ritorno a casa con un briciolo di Aurora Boreale in tasca e la neve ancora fresca sui cappotti.

Quarta Tappa: Stoccolma - Milano (via aereo)
Vi auguro vivamente di non assistere allo spettacolo offerto dagli addetti all'aeroporto mentre sghiacciavano con potenti getti d'acqua, prima della partenza, le ali dell'aereo congelato. Per me che nonostante i tanti viaggi non mi sono mai abituato a volare è stato un vero dramma emotivo!