03 settembre 2011

LA VIA PER IL GRANDE BLU – Interrail Atto I

6.000km circa. 52 ore di viaggio. 11 treni. 4 Nazioni. 5 città. 3 viaggiatori zaino in spalla. Un solo obiettivo: l'Oceano AtlanticoPer tre ragazzi milanesi quello dell'oceano è stato un vero mito. Cresciuti come il granturco tra le pianure della bassa lombarda è difficile per loro immaginare una quantità d'acqua così immensa, un orizzonte infinito di onde e spuma, un paesaggio che non presenta limiti nel quale ci si può anche perdere. Pieni fino all'orlo di tanta curiosità i tre ragazzi decidono di partire alla conquista del Grande Blu: attraverso l'Europa per bagnarsi nelle acque dell'Oceano Atlantico. Tre conquistadores salpano su convogli ferroviari in un viaggio senza trucco e senza inganno, coi piedi per terra, lo zaino sulle spalle. Soli verso la meta. In un'impresa epica che segnerà per sempre i loro ricordi.

Prima Tappa: Milano P.ta Garibaldi - Monaco di Baviera Hauptbanhof
Prima fermata del viaggio, la patria degli appassionati di birra di tutto il Mondo: Monaco di Baviera. La città in autunno si anima con l'arrivo di migliaia di visitatori che giungono in città per partecipare al celebre Oktoberfest. Per me, che ai tempi non ero un grande consumatore di bionde maltate, era un vero sollievo capitarci nel periodo estivo, quando le vie del centro sono più tranquille ed i locali meno gremiti di avventori esaltati dagli invitanti vapori alcolici delle buonissime birre locali. Tempo di abbandonare i nostri zaini e subito iniziamo la nostra visita: rimarremo in città solo una giornata prima di ripartire e non vogliamo perdere tempo. Cominciamo da Karlsplatz, dove una fontana offre ristoro e frescura, e ci addentriamo verso il centro storico. La piazza, delimitata da due ali di palazzi semicircolari, i Rondellbauten, sorge dove in antichità sorgevano le mura di fortificazione, oggi parzialmente demolite per fare posto alla piazza stessa.

Attraversiamo la Karlstor, una delle tre antiche porte di accesso al centro storico oggi ancora esistenti, e percorriamo la commerciale Neuhauserstrasse dove giovani artisti di strada si esibiscono, alcuni con discreto talento, altri semplicemente con tanta buona volontà. Percorrendo poche centinaia di metri lungo questa via si raggiunge il centro nevralgico di Monaco, il suo cuore pulsante: Marienplatz. La piazza, intitolata a Santa Maria, assunse questo nome solo nel XIX secolo, quando, in seguito ad una violenta epidemia di colera, i cittadini invocarono l'intercessione della Madonna riunendosi qui per porre termine alla piaga. A conferma del nome, al centro della piazza sorge la Mariensäule, la Colonna della Vergine, opera risalente però al XVI secolo come voto a Santa Maria per le vittorie ottenute dai tedeschi nella Guerra dei Trent'Anni. Monumento simbolo della piazza e dell'intera città è però la Neues Rathaus, l'attuale palazzo municipale di Monaco, opera imponente in stile neogotico risalente al XVIII secolo. Al centro della facciata ed in cima alla torre campanaria che abbellisce il palazzo sorge un'altra sorprendente meraviglia: il Glockenspiel, uno degli orologi a carillon più grandi e più famosi al Mondo, sicuramente il più grande di Germania. 43 campane, 32 statue che quotidianamente, alle 11:00 ed alle 12:00 in punto, ballano due distinte scene, trombe che suonano musiche di Wagner, alfieri, angeli, un gallo dorato che dispiega le ali cantando al termine delle rappresentazioni. Una vera opera di ingegno meccanico divenuta vero punto di interesse per i turisti che accorrono, come in un teatro, per assistere allo spettacolo. Alle spalle del municipio, alte spiccano le guglie della Frauenkirche, la cattedrale di Monaco, appuntita e tagliente nel profilo, a completare il panorama di questa stupenda piazza. Respiriamo l'atmosfera di Marienplatz fino in fondo e proseguiamo: oltrepassando la Fischbrunnen, la Fontana del Pesce, ricostruita dopo la distruzione a seguito dei bombardamenti durante la II Guerra Mondiale, e superando la Altes Rathaus, il Municipio Vecchio, usciamo in una via laterale e continuiamo la nostra passeggiata. Un luogo che consiglio vivamente di visitare nelle vicinanze è la Sinagoga Ohel Jakob, vale a dire la Tenda di Giacobbe. Inaugurato nel 2006 per rinforzare il sodalizio con la comunità ebraica nella città che, nel 1938, fu teatro della tragica rappresaglia contro questo popolo, nella storica Notte dei Cristalli, questo edificio offre uno spettacolo piacevole da osservare, con le sue pareti in pietra grezza che ricordano volutamente quelle del Muro del Pianto di Gerusalemme.

E' possibile dire di essere stati a Monaco senza aver gustato le deliziose birre tedesche? Direi di no. Così anche io, scarso bevitore, mi arrendo alla tradizione e seguo i miei compagni alla ricerca della birreria migliore. Il posto giusto è sicuramente la Hofbrauhaus: tempio delle spillatrici, in questa tradizionale locanda in classico stile germanico è possibile gustare ottime birre e assistere a spettacoli di danze in costume, seduti in lunghe tavolate dove spesso si divide il desco con perfetti sconosciuti. Io ho consumato la mia birra accanto ad un'anziana signora inglese dai capelli cotonati che batteva le mani ballando al ritmo delle fisarmoniche. Incredibile ve lo assicuro! Sono arrivato a Monaco che non conoscevo il sapore della birra, sono ripartito suo ammiratore affezionato.

Seconda Tappa: Monaco di Baviera Hauptbanhof - Montpellier St. Roch
Ripartiamo da Monaco con tutta l'eccitazione del viaggio appena iniziato e non ancora stanchi per la strada compiuta. Di nuovo zaino in spalla, imbocchiamo l'ingresso della stazione ferroviaria decisi a raggiungere la nostra prossima meta. Nel sud della Francia ci attende Montpellier. Percorriamo pieni di eccitazione la banchina e troviamo il nostro vagone: non abbiamo noleggiato delle cuccette ma trascorrere una nottata seduti in vagoni diurni non ci spaventa. Poi, come nel migliore dei film comici, ecco la sorpresa che smorza gli entusiasmi dei protagonisti. Lo scomparto che ci ospiterà per una nottata di viaggio si presenta ai nostri occhi come un angolino con la stessa densità abitativa di Shanghai il giorno del capodanno cinese. Un muro di valigie impilate l'una sull'altra sino al soffitto. Si fatica a trovare posto a sedere. Ai piedi della montagna di bagagli una gracile fanciulla ci guarda incuriosita mentre increduli spalanchiamo le bocche. Timidamente sussurra: "Sorry!". Ci facciamo strada e prendiamo posto. Ci attende un viaggio interessante. La mattina successiva mi sveglio con la testa di uno sconosciuto addormentato appoggiata sulla mia spalla. Il bello di questi viaggi è anche il contatto con le persone. Effettuiamo il nostro cambio cronometrato sul secondo a Parigi Gare de Lyon e in pochi minuti ci rimettiamo in viaggio dalla stazione di Parigi Gare de l'Est per Montpellier. Il prodigioso TGV ci porta dritti dritti senza perdere tempo a destinazione. Scendiamo a St. Roch come gli ultimi dei paisà sbarcati nel Nuovo Mondo: ci si legge in faccia che siamo arrivati da un altro pianeta e che non abbiamo la più pallida idea di quello che ci aspetta. La nostra proverbiale capacità organizzativa ci costringe subito a darci da fare: non abbiamo un ostello e dobbiamo procurarci un posto dove passare la notte. Ci dividiamo per portare a termine la missione. Poco speranzoso verso i miei compagni (sono l'unico in grado di mettere in fila due parole di francese) mi addentro tra le vie circostanti la stazione. Ma dopo ore di ricerche siamo ancora clochard. Poi, quando ormai cominciavamo a disperare, ecco il miracolo: una miserabile stamberga vicino al centro della città. Il padrone ci dice di non parlare inglese. Con nonchalance mi esibisco in un francese più che essenziale e riesco a concludere l'affare mentre i miei amici mi osservano con la stessa espressione con la quale probabilmente il capotribù mostrerebbe il funzionamento dell'accendino ai suoi conterranei. La stanza consiste in pochi angusti metri quadrati con un letto matrimoniale, un altro letto definibile meno che singolo, ed un balcone senza ringhiera; il bagno antistante i letti è separato da questi ultimi solamente da una mezza parete di cartongesso la quale neanche arriva al soffitto. Stasera si mangia leggero ragazzi! Abbandoniamo gli zaini e ci dirigiamo verso il centro: abbiamo una sola serata per provare il gusto di Montpellier. Devo ammettere che le strade circostanti la piazza principale, quelle da noi percorse in cerca dell'ostello, danno un po' l'idea di una pericolosa decadenza. Tipo Bronx per intenderci. Ma una volta raggiunta Place de la Comedie lo spettacolo ci ha effettivamente catturato ed il paesaggio è mutato tutto d'un colpo. Luminosa, viva, incantevole, la piazza centrale di Montpellier, chiamata l'Oeuf, cioè "uovo", per la sua forma, dà mostra di sé come la parte migliore della città. E' il centro nevralgico della vita pubblica e mondana, ricca di negozi e ristoranti, e con il Theatre Municipal (XVIII secolo), dalla facciata monumentale, fermo e autoritario lungo il lato sudovest. Di fronte ad esso, al centro della piazza, la Fontaine des Trois Graces, opera dell'artista transalpino Etienne d'Antoine. Questa fontana venne temporaneamente posta in un museo agli inizi del XVIII secolo al fine di permettere i lavori di ristrutturazione della piazza, per tornare successivamente nel luogo originario solo sul finire del secolo appena trascorso. Oltrepassando la fontana e spostandosi verso il lato opposto della piazza si giunge all'ingresso dell'Esplanade Charles de Gaulle, ampio spazio verde costeggiante Place de la Comedie, quindi al palazzo dell'Office de Tourisme e all'alta e spigolosa Tour Triangle, moderno centro commerciale ed edificio più alto di Montpellier. In questo piccolo spazio è racchiuso tutto lo spirito di questa città del sud della Francia. Vale veramente la pena fermarsi qui ad osservare la città che operosa scorre sotto i nostri occhi. Cala la sera. Passiamo il tempo con un calice di buon vino rosso a chiacchierare in una lingua inesistente con un giovane artista di strada francese.

Terza Tappa: Montpellier St. Roch - Barcellona Sants
La strada che ci conduce da Montpellier a Barcellona ci riserva una sorpresa: arrivati al confine franco-spagnolo apprendiamo infatti che, dopo aver oltrepassato la frontiera, il biglietti dei quali siamo in possesso non sono più adatti al vagone che occupiamo. Stessa carrozza, stesso biglietto, due nazioni diverse: paese che vai usanza che trovi! Un controllore ci invita gentilmente a scendere dal convoglio e noi ci guardiamo bene dal fare storie. Sbarchiamo così nella ridente stazione ferroviaria di Port Bou, piccolo paesello di 1.400 anime disperso tra i Pirenei meridionali a ridosso del mare, ultimo baluardo catalano prima di entrare in terra francese. Pieni di gioiosa riconoscenza per aver potuto apprezzare questo angolo di paradiso, attendiamo in stazione seduti sui nostri zaini l'arrivo del treno successivo sperando di riuscire a salirci. Dopo più di un'ora di attesa eccoci di nuovo in cammino verso Barcellona: il resto del viaggio ce lo facciamo tutto in piedi nello stretto spazio di comunicazione tra un vagone e l'altro. Ma il capotreno ci tollera e quindi ci accontentiamo. Sbarchiamo nella capitale catalana e subito siamo inghiottiti dalla folla delle Ramblas, la via arteria pulsante della città, sporca, rumorosa e confusionaria, ma estremamente ricca di vitalità. La strada, unica anche se viene chiamata con appellativo plurale dagli spagnoli solo per distinguerla nei suoi cinque diversi segmenti, fornisce ai visitatori uno spettacolo davvero variegato e variopinto. Dai bravissimi artisti di strada ai prestigiatori improvvisati. Dai piccoli banchetti di cianfrusaglie ai venditori ambulanti di bevande. Un vero vortice di vitalità fino al limite del caos. Ho visto con i miei occhi un abile artigiano creare sculture con lattine di bibite vuote, mentre alle mie spalle da un improvviso parapiglia un uomo scappava da una piccola folla incollerita dopo aver maldestramente svelato l'inganno del gioco delle tre carte di cui era conduttore, e nel frattempo venditori di alcolici abusivi distribuivano birre ai passanti nascondendole all'occorrenza all'interno dei tombini. Queste sono le Ramblas, strada leggendaria il cui nome deriva dall'arabo e significa "sabbia", appellativo che veniva dato in antichità alle vie ricavate da corsi d'acqua prosciugati. Percorso imperdibile per i visitatori stranieri che non possono rinunciare a percorrere per intero i circa 2km di cammino pedonale al centro della via. Prendono origine da Plaza de Catalunya, ombelico della città e piazza principale di Barcellona, molto bella soprattutto di giorno con le due fontane centrali, e termina sul porto vecchio di Barcellona, il Port Vell. Per chi avesse ancora voglia di camminare, e soprattutto volesse rinfrescarsi dalla calura, consiglio di proseguire lungo il porto, oltrepassare il Mirador de Colom, monumento all'esploratore italiano Cristoforo Colombo, e raggiungere Barceloneta, quartiere del nucleo storico dove è possibile trovare spiagge libere, relax e un mare fresco, anche se i bagnanti sono sempre tantissimi in ogni ora del giorno. Il ricordo che ho di questo luogo è quello di due ragazzi italiani nei loro pantaloni logori e scarpe rotte, perfettamente discordanti rispetto al contesto balneare circostante, seduti sulla sabbia davanti al tramonto a sorseggiare in silenzio un artigianale Mojito acquistato da un venditore ambulante che batteva la spiaggia al grido "Mojito fresquito": non scorderò mai quel momento e quanto buono mi sia sembrato quel pessimo intruglio. Il consiglio, comunque, è quello di farci un salto anche una volta calato il Sole, quando non sarà difficile trovare piccoli spettacoli musicali dal vivo lungo la spiaggia o sulla retrostante passeggiata, dove spesso i passanti si fermano a ballare creando veri e proprie discoteche a cielo aperto: per mia fortuna ho potuto assistere all'esibizione di due ragazzi, uno seduto alla batteria e l'altro dietro ad un didgeridoo, duo strumentale stranissimo ma dalla bravura eccezionale, mentre creavano una musica fantastica, sorprendente e davvero coinvolgente. Era impossibile stare fermi, la musica metteva addosso una festosa inquietudine...quasi, e dico quasi, come ascoltare la nostra Tarantella.

Dopo una cena a base di costosissimo Jamon Iberico (il conto è stata una vera sberla, considerato che noi pensavamo di aver ordinato solo prosciutto e melone), ed una mezza sbornia di ottima Sangria consumata sui gradini del porto, ci rifugiamo nel nostro ostello proprio dietro le Ramblas. Il giorno successivo ci accontentiamo di un pasto a base di Tapas (la tipica combinazione di assaggi di varie pietanze locali serviti in piccole quantità ed il cui nome deriva dall'usanza di coprire, tapar in spagnolo, i bicchieri di vino con del pane) e ci mettiamo subito sulle tracce dell'abitante più celebre di Barcellona: Antoni Gaudì. Architetto catalano famoso nel Mondo per la sua capacità di dare forme visionarie agli edifici che costruiva, si racconta di lui che morì nel 1926 a Barcellona investito da un tram mentre, distratto nel tentativo di osservare la sua opera, indietreggiò fino ad invadere il centro della carreggiata. L'opera che stava tentando di guardare con così tanta attenzione è forse la sua creazione più celebre: la Sagrada Familia. Quando questa basilica, tuttora in fase di costruzione, venne cominciata nel 1882, Gaudì non faceva parte della squadra di progettisti. Subentrò solo successivamente, un anno più tardi, dopo le dimissioni di uno degli architetti in disaccordo con i termini del progetto. Dedicò, da quel momento, la sua intera vita alla costruzione di questo edificio fino alla sua morte che non vide ancora conclusa l'opera. La Sagrada Familia appare effettivamente oggi, prossima alla conclusione dei lavori, come qualcosa di completamente diverso rispetto a quanto potrete osservare nel resto del Mondo. La definirei, semplicemente e con pochi giri di parole, diversa. Non ricalca l'ideale canonico del tempio religioso ma si discosta dai concetti conosciuti celebrando l'altezza di Dio in un modo tutto originale e quasi personale. Un'interpretazione dello spirito che ci avvicina, fino a congiungerci, con il divino. Le forme sono uniche ed inconfondibili, le guglie altissime. L'interno, studiato come un tutt'uno a ricordare la Grotta Sacra della nascita di Gesù (o meglio questa è l'impressione che mi ha dato), appare come una vera opera d'arte prima ancora che come un altare celebrativo. Uniforme. Univoca. Audace. E' possibile anche salire lungo le sue guglie e godere di un panorama mozzafiato dominante tutta la città. I battenti dell'ingresso, in ferro, riportano decorazioni bellissime e complesse: consiglio vivamente di fermarsi qualche minuto ad osservarle. Per avere un interessante paragone e capire al meglio la straordinaria unicità di questo meraviglioso luogo di culto vi consiglio di confrontare la Sagrada Familia con un'altra bellezza monumentale di Barcellona: la Iglesia Catedral de la Santa Cruz y Santa Eulalia, nello storico Barrio Gotico, dedicata alla santa patrona della città e dall'aspetto più severo e convenzionale eppure solenne e bellissimo. Se passate in zona, tra l'altro, non perdetevi la vicina Plaza Reial, cuore del Barrio con le sue alte palme, situata proprio dietro le affollatissime Ramblas.
Il genio di Gaudì affascina e cattura: fermarsi è impossibile e gli occhi chiedono di ricevere altre forme, altra meraviglia. Per fortuna è possibile assaporare in città altre opere del geniale architetto catalano: tornando in Plaza Catalunya è possibile infatti imboccare Passeig de Gracia, una delle vie più rinomate e aristocratiche di Barcellona, e raggiungere Casa Batlò e Casa Milà, due edifici ideati e realizzati dallo stesso Gaudì. Si tratta di due case private commissionate da cittadini altolocati all'architetto: la prima è frutto d'opera di ristrutturazione su un edificio già esistente, la seconda costruita ex novo su progetto originale. Oggi queste costruzioni, tipiche nell'aspetto che conferiscono alla via ed alla città intera, sono patrimonio dell'UNESCO e costituiscono un esempio mai più ripetuto dell'arditezza architettonica dell'arte spagnola. Per finire non è da mancare un salto al Parc Güell: originariamente commissionato a Gaudì dall'imprenditore Eusebi Güell per costituire una cittadella ospitante studi, alloggi, una cappella ed un parco, oggi questo sito costituisce un vero museo a cielo aperto. Una cascata di colori e forme che non ti aspetteresti mai di trovare o vedere in un contesto simile. Può essere definito solo sorprendente questo parco, il cui carattere però esula magicamente e quasi misteriosamente dal semplice concetto di area verde. Celebri i suoi mosaici dentro i quali è possibile perdersi in infinite sfumature. Opera anch'essa tutelata dall'UNESCO, vale la pena percorrere la salita che conduce a questo magico luogo per visitarlo.

I due giorni che ci hanno visto percorrere le vie di Barcellona si concludono con un'ultima magia: in Plaza d'Espanya si trova la Font Magica, una fontana magica che ad orari prestabiliti esegue spettacoli di luci ed acqua al ritmo di musiche moderne (noi l'abbiamo potuta osservare sulla musica dei Queen). Un piacevole modo per terminare il soggiorno in città ed un'occasione per visitare il circostante quartiere moderno di Montjuïc realizzato in occasione dell'Esposizione Universale del 1929 e caratterizzato dalla presenza di due alte Torri Veneziane, nonchè dal Museu Nacional d'Art de Catalunya sullo sfondo. La modernità di questo recente quartiere si intreccia perfettamente con un altro luogo immagine della città, simbolo, questo, della tradizione e di un passato glorioso. Attigua al Montjuïc, sorge nella vicina Plaza de Toros l'Arena Monumental, antico luogo di Corride, oggi divenuto centro per eventi culturali e musicali. Dal 2010, i duelli tra uomini e tori, infatti, sono banditi a Barcellona.
Ultimi due consigli per gli sportivi. Barcellona ospita due splendidi stadi: il Camp Nou (nel quale non sono entrato perchè il biglietto da visitatore costava una barbarità) sede del Barcellona FC, e l'Estadi Cornellà-El Prat ad ingresso gratuito e casa della squadra dell'Epanyol.
Seconda ed ultima dritta, se avete un po' di tempo da spendere, visitate il vicino sito di Montserrat, complesso costituito da un antico monastero benedettino e da una basilica, eretto sulla collina omonima appena fuori da Barcellona: costituisce un importante sito di pellegrinaggio religioso e, a parte la bellezza delle costruzioni, vi farà godere anche di una vista unica ed impareggiabile.
E' arrivato il momento di salutare Barcellona, città rumorosa, festaiola, inarrestabile: non certo la mia città preferita ma degna di una visita almeno una volta nella vita. Ma non prima di un altro simpatico imprevisto: in pieno giorno, proprio vicino alle Ramblas, un abile borseggiatore ci ha rubato uno dei nostri zainetti...fortunatamente non quello contenente i biglietti del treno.
Uomo avvisato...

Quarta Tappa: Barcellona Sants - Valencia Joaquin Sorolla
Prima di salpare alla volta di Valencia, ci accorgiamo che le coincidenze programmate per il viaggio di ritorno verso Milano sono errate. Ricalcoliamo il percorso strada facendo: il risultato è una scena fantozziana in cui supplichiamo il bigliettaio della stazione di Barcellona di trovarci un treno per l'Italia che possiamo prendere con i nostri Pass Interrail. Alla fine, dopo un paio d'ore di trattative, riusciamo a trovare l'unico treno che fa per noi: ringraziamo il nostro compare dietro lo sportello della biglietteria (a cui ancora oggi accendo ogni tanto un cero in ringraziamento) e saliamo al volo sul nostro treno poco prima che parta, con il cuore molto più leggero. Arriviamo a Valencia nel giro di un paio d'ore. Questa città è stata senza dubbio la sorpresa più bella di tutto il viaggio. Doveva essere una tappa intermedia forzata prima di raggiungere il Portogallo, invece si è dimostrata una meta interessante e molto bella. La parte migliore è sicuramente il Barrio del Carmen, vero centro storico e culturale della città, nonché fulcro della vita mondana con locali, ristoranti, taverne, ma anche la Iglesia Catedral-Basilica Metropolitana de la Asuncion de Nuestra Señora de Valencia, imponente cattedrale antica di 800 anni. E poi ancora artisti di strada, turisti, ma soprattutto studenti, i quali, calata la sera, giungono numerosi nel quartiere alla ricerca di divertimento e compagnia. L'università valenciana in effetti è una delle più grandi ed antiche della Spagna, di conseguenza, la città appare come fresca, attiva e giovane. Il Barrio del Carmen è il luogo ideale per immergersi in questa atmosfera: qui si possono tra l'altro gustare due specialità gastronomiche della zona. La prima è un liquore chiamato Agua de Valencia, a base di champagne, succo d'arancia, vodka e gin. La seconda è la celebre Paella, piatto a base di riso e zafferano con condimenti vari originario proprio di Valencia e che prende il nome dalla grande padella nella quale viene servito. Molti pensano che la Paella originale sia quella con condimento di frutti di mare: in realtà la ricetta tradizionale, nella sua formula originale, prevedeva pollo, verdure marinate, lumache e paprica, la cosiddetta Paella Valenciana, buonissima! Dopo aver festeggiato il mio compleanno gustando queste specialità facciamo ritorno all'ostello passando per Plaza de la Reina, una delle piazza principali e porta di ingresso al Barrio del Carmen. In ostello ci attendono una nottata di giochi goliardici in compagnia di ragazzi di ogni nazionalità, tra cori da stadio, risate incontenibili e, ovviamente, fiumi di alcoolici. Un clima che non ho più potuto trovare in nessun altro viaggio o posto successivamente visitato. Il giorno seguente ci attende una giornata al mare con gli stessi ragazzi che abbiamo incontrato in ostello: mentre un americano di 120kg circa presidiava le scorte idriche per evitare che si esaurissero subito (nessuno stranamente aveva sete in quel caldo pomeriggio), discuto di estetica con un irlandese, giocando con una palla da rugby insieme ad alcuni inglesi...sembra una di quelle classiche barzellette dove l'italiano fa sempre una figuraccia! Il mare comunque è bello e la spiaggia tranquilla.
A Valencia ci tornerei altre tre o quattro volte.

Quinta Tappa: Valencia Joaquin Sorolla - Lisbona Oriente
Cambio a Madrid Puerta de Atocha e ripartenza da Madrid Chamartin, quindi dritti dritti a Lisbona, ultima tappa del viaggio verso il Grande Blu, l'oceano.

Raggiungere questa ultima destinazione riempie i nostri animi di una soddisfazione simile alla gioia dello scalatore che, dopo grandi fatiche, raggiunge la cima di un'alta montagna. Eravamo solo noi e la strada: abbiamo percorso tutta la strada e abbiamo raggiunto la meta. Senza aiuti e senza scorciatoie. Orgogliosi della nostra piccola grande impresa dopo circa 10 giorni di viaggio, veniamo accolti da una città unica e bellissima: Lisbona. Il quartier generale per effettuare la nostra visita lo stabiliamo a Praça dos Restauradores, piazza centralissima dedicata alla liberazione del Portogallo dal dominio spagnolo avvenuta nel XVII secolo, con al centro un alto obelisco circondato dalle statue allegoriche della Vittoria e della Libertà. L'ostello che ci ospita sembra un covo hippy arrivato direttamente dal cuore del flower power: il risultato è che ci sentiamo subito a casa. Dalla piazza è possibile intraprendere tre diversi itinerari attraverso la città. 
Il primo itinerario conduce alla limitrofa Praça Don Pedro IV, cuore pulsante e piazza principale di Lisbona. Dedicata al primo imperatore del Brasile e re di Portogallo, la piazza, chiamata dai portoghesi con il termine Rossio che significa "grande piazza", contiene alcuni simboli rappresentativi dell'intera città: prima di tutto una colonna commemorativa eretta in onore del sovrano, la cui statua troneggia sulla cima circondata dalle statue delle Quattro Virtù Cardinali. Una leggenda narra che l'opera venne pensata inizialmente per onorare Massimiliano I d'Asburgo-Lorena imperatore del Messico, ma dopo la morte di quest'ultimo per mano dell'esercito americano durante le Guerre d'Indipendenza, ed a costruzione della colonna non ancora ultimata, data la sua somiglianza con Pedro IV, la statua venne intitolata a quest'ultimo. Altro elemento simbolo della piazza è il Teatro Nacional Dona Maria II, dedicato alla consorte di Pedro IV, uno dei maggiori centri culturali cittadini. Anche se forse l'angolo più fotografato della piazza è l'ingresso alla stazione della metropolitana, l'Estaçao do Rossio, un tempo stazione ferroviaria centrale di Lisbona, dal tipico caratteristico aspetto con due archi simili a ferri di cavallo a circondarne le due porte di accesso. Nella piazza, dove secoli fa' venivano eseguite riunioni pubbliche, Corride, e persino sessioni del Tribunale dell'Inquisizione, oggi sorge infine una delle più belle fontane d'Europa in stile barocco: la Fonte das Sereias, la Fontana delle Sirene. Dal Rossio, prendendo una leggera salita a piedi, si raggiunge dopo un breve tragitto un altro edificio storico e importantissimo: la Igreja Catedral de Santa Maria Maior, o Sè de Lisboa, principale edificio di culto religioso cattolico in città, vista dall'esterno appare piccola, quasi intima, lontana dall'idea di magnificente grandezza tipica delle cattedrali di altre grandi città d'Europa. Tutto intorno si sviluppa il centro storico di Lisbona, l'Alfama, con edifici antichi e vecchi vicoli strettissimi dove è possibile ammirare gli azulejos, piccole piastrelle ornamentali smaltate e decorate con il tipico colore blu, che danno un aspetto tipico a tutto il paesaggio urbano di questa zona.

Il secondo percorso che è possibile intraprendere da Praça dos Restauradores è verso Praça do Comercio, piazza più periferica situata lungo l'estuario del Tajo, il fiume che attraversa Spagna e Portogallo fino a Lisbona dove si congiunge all'oceano. La piazza caratterizza il quartiere della Baixa, la parte più bassa della città, primo esempio di architettura antisismica della storia: il progetto del quartiere venne infatti testato facendolo attraversare alle truppe in marcia per simulare le vibrazioni sismiche del suolo. Punto di origine del quartiere è appunto Praça do Comercio: la piazza fu teatro nel 1908 dell'evento più drammatico della storia moderna portoghese quando, di ritorno al Palazzo Reale, la carrozza del re Carlo I di Braganza venne assalita a colpi d'arma da fuoco da due uomini appartenenti al Partito Repubblicano (che anni dopo rovesciò la monarchia). Il re morì sul colpo ed i due assassini, Alfredo Costa e Manuel Buiça, vennero uccisi sul posto dalle guardie reali. Oggi, dopo essere stata ricostruita in seguito al terremoto che la rase al suolo nel 1755, la piazza ospita ancora, al proprio centro, la statua di re Giuseppe I di Braganza che a cavallo guarda verso l'orizzonte la baia antistante, opera di Joaquim Machado de Castro capofila dell'arte scultorea lusitana. La vista dalla piazza sull'oceano è impagabile! Partendo da qui e attraverso l'Arco da Rua Augusta si accede alla Rua Augusta stessa, arteria principale della Baixia, ricca di ristoranti, locali e negozi: percorrendola tutta giungerete infine, all'altra estremità, di nuovo al Rossio. Un'esperienza da non perdere, se vi trovate in zona, è quella del Tram 28. Lisbona è percorsa da una rete di tram che collegano i vari punti della città. Avevo sentito dire che questi tram furono importati proprio dall'Italia e in particolare da Milano: non so se sia una leggenda metropolitana ma in effetti la somiglianza è quasi completa. Gialli, veloci e dall'aspetto tradizionale, il più famoso è proprio il n°28 che copre l'area da Campo Ourique a Martim Mornz incrociando praticamente tutte le attrazioni finora descritte: un metodo efficiente per assorbire un concentrato ad alta densità di Lisbona. Per questo motivo il Tram 28 è sempre pienissimo. Mentre ero a bordo alcuni ragazzi portoghesi salivano attaccandosi in corsa ai corrimano esterni, rimanendo in bilico sul lato del vagone ed evitando magistralmente gli ostacoli lungo le facciate delle abitazioni. Una follia! La folla stipata a bordo del Tram a tratti impedisce di vedere bene i vari monumenti che si incontrano ma per me è ugualmente un'esperienza da provare. Noi ci siamo fermati poi al Miradouro da Graça, uno dei punti panoramici più suggestivi di tutta la città, una terrazzina a picco sull'oceano con in lontananza il Castelo de São Jorge, il Castello di Lisbona, su un lato, a gustare un pranzo davanti ad una vista mozzafiato.
Il terzo ed ultimo itinerario è verso il centro mondano della città: il Bairro Alto. Si arriva al quartiere direttamente da Praça dos Restauradores a piedi o tramite una funicolare corta e ripida (265m, 20% di pendenza): il suo nome è Elevador da Gloria, realizzato su progetto di Raoul Mesnier du Ponsard venne inaugurato nel 1885 ma solo dal 1915 fu elettrificato. Arrivati alla stazione a monte della funicolare, si apre un fitto labirinto di stradine ingombre di locande ed osterie dove si possono gustare le specialità tipiche al ritmo della musica che esce dai locali: è il Bairro Alto. Noi abbiamo ordinato una Feijoada, piatto a base di fagioli e carne di maiale (compresa la coda), accompagnato alla Ginja, un liquore in infuso di amarena, in compagnia di un fulminato viaggiatore tedesco conosciuto in ostello e in viaggio da solo attraverso tutta l'Europa. 
 
Il giorno successivo ci aspetta il motivo per cui ci siamo messi in viaggio. Partiamo di buon mattino e con un bus raggiungiamo la periferia della città. Qui cogliamo l'occasione per fare una passeggiata sul lungofiume nel suo tratto terminale incontrando prima il Padrao dos Descobrimentos, il Monumento alle Scoperte, in pietra bianca e raffigurante i principali esploratori portoghesi intenti ad osservare l'orizzonte, quindi la Torre de Belem. Questa è un altro dei monumenti simbolo di Lisbona: si tratta di un bastione fortificato alto 30m, il quale sorge direttamente dalle acque del Tajo e serviva da torre di vedetta per le navi che entravano nell'estuario del fiume avvicinandosi alla città. Inizialmente la Torre doveva trovarsi sulla terraferma separata dalle acque, ma il terremoto che colpì la città nel XVIII secolo deviò il corso del fiume e lo portò a contatto con la torre stessa. Oggi appartiene al patrimonio dell'UNESCO. Davvero particolare ed uno dei monumenti che più mi sono piaciuti in generale! Proprio di fronte alla torre un'altra istituzione cittadina: il Mosteiro dos Jeronimos, un antico e meraviglioso monastero abitato un tempo dai monaci geronimiti. Non sono purtroppo riuscito ad entrare ma deve essere davvero bellissimo dall'interno tanto quanto lo è dal di fuori.

Ci rimettiamo in viaggio e costeggiando il Ponte XXV de Abril: ci avviciniamo alla meta. Ma non prima di esserci persi, aver visitato i sobborghi di Lisbona e aver rischiato una rissa con alcuni delinquenti per aver avuto la sola colpa di aver provato a salire sul bus prima di loro. Scongiurato il pericolo ritroviamo la via e finalmente...l'Oceano Atlantico. Un piccolo assaggio lo abbiamo avuto il giorno precedente, quando siamo andati a vedere le meraviglie racchiuse nell'Oceanario de Lisboa: un parco zoologico marino con 450 specie di animali diverse, dai pinguini al temibile squalo bianco. Ma la vista che si apre ai nostri occhi dopo essere scesi dal treno che ci ha accompagnato non ha eguali. Raggiungiamo Cascais, piccolo borgo a pochi chilometri da Lisbona, a mio parere luogo ideale per gustare il contatto con l'oceano data la sua tranquillità e la sua discreta spiaggetta. Il contatto con le acque dell'oceano è quasi un'esperienza mistica: gelate, freddissime, ma anche purificanti, piacevoli. Solo chi si bagna nell'oceano sa cosa vuole dire incontrarlo. Ho sempre immaginato nella mia mente l'oceano quasi come una divinità, tipo quegli idoli greci con barba e capelli candidi e dai poteri infiniti. Sicuramente un'esperienza da ricordare per tutta la vita. Ci godiamo un intero pomeriggio in compagnia dell'Oceano Atlantico, sotto un Sole piacevole e davanti ad un tramonto che progressivamente si perde sotto l'orizzonte. In silenzio contempliamo la perfezione del momento dopo tanta fatica spesa per portare a compimento il viaggio. Quasi come in un'esperienza visionaria, respiriamo a piene boccate l'aria che immaginiamo venire dalla sponda oceanica opposta, quella americana. La mente vaga ed i ricordi si intrecciano in un'unica storia fantastica. In quei momenti credo che ognuno pensi a qualcosa di diverso e personale...ma non vi dirò nè qui nè adesso a che cosa ho pensato io.

Sesta Tappa: Lisbona Oriente - Milano Centrale
Purtroppo il tempo per viaggiare è terminato: il giorno successivo dobbiamo già ripartire. Un treno ci aspetta a Barcellona per ricondurci a Milano. I nostri Pass Interrail stanno scadendo e non possiamo trattenerci oltre. Ci dirigiamo verso Madrid, scambio a Madrid Chamartin e ci rimettiamo in viaggio a Madrid Puerta de Atoca. Infine la Estaciò de França, stazione ferroviaria secondaria di Barcellona: è incredibile come siano i luoghi più insignificanti, quelli più nascosti e che non ti immagineresti mai, a riportarti a casa. Con il mio zaino scendo a Milano ricco di ricordi e di soddisfazione...e con una bottiglia piena d'acqua di oceano custodita dentro una tasca laterale.