29 giugno 2017

BERNA & IL THUNERSEE – Breve Biciclettata Elvetica

Leggere un romanzo di cui si conosce già il finale non soddisfa mai del tutto la curiosità del lettore esigente: la trama può essere avvincente, i personaggi ben congegnati, i luoghi descritti con abilità, ma ciò che spinge a divorare il libro frase dopo frase è il mistero, l'attesa, il fremito della scoperta. Eppure spesso è questa l'impressione che accompagna il viaggiatore di ritorno dalla Svizzera, cioè la sensazione di aver incontrato un volto già visto, di aver letto un pagina che non riserva particolari sorprese e che segue un intreccio prevedibile, quasi scontato. Ma su una cosa non si discute: la Svizzera possiede una bellezza naturale, semplice ed essenziale, che lo sguardo non lo stanca mai.

Approdiamo a Berna dopo poche ore di viaggio in treno. La città ci accoglie con il consueto distacco che caratterizza un po' tutte le località di stampo germanico. Ci troviamo nella capitale della Svizzera, sebbene in questo stato non esistano normative a livello federale che riconoscano un'unica capitale, bensì ognuno dei 26 Cantoni elvetici possiede un proprio capoluogo ed un proprio parlamento. Tali entità governative sono conciliate tra loro sotto l'emblema comune della costituzione svizzera (composta nel 1848) e del governo federale elvetico, quest'ultimo con sede appunto a Berna. Ad ogni modo la città è sicuramente il capoluogo dell'omonimo Cantone, il secondo maggiore per popolazione dopo il Canton di Zurigo, e con i suoi 140.000 abitanti circa (non molti rispetto alle principali capitali europee) è la quinta città più grande della Svizzera. Sulle sue origini non rimangono oggi molte notizie, sembra tuttavia che sul luogo in cui sorge attualmente Berna fosse collocato, intorno al II secolo a.C., un villaggio fortificato celtico, uno dei dodici insediamenti posizionati nella regione dal popolo degli elvezi, progenitori dell'odierna popolazione svizzera sottomessi, nei secoli, al dominio romano. Il primo nucleo della città moderna venne invece fondato non prima del XII secolo. Date le sue piccole dimensioni, visitare Berna non richiede generalmente più di una giornata, così abbandoniamo i nostri bagagli nel modesto ostello che abbiamo scelto per pernottare e ci avventuriamo subito per le vie cittadine. Cominciamo il nostro percorso da Kornhausplatz, un piccolo piazzale così chiamato in quanto nel corso del XVIII secolo vi sorgeva un granaio. Questa piazza venne realizzata dopo che nel 1405 un terribile incendio devastò la città radendo al suolo la maggior parte delle abitazioni, per lo più costruite in legno. Negli anni successivi il centro abitato venne ricostruito, gli edifici furono riedificati in muratura ed il fossato difensivo venne riempito, circostanza che creò spazio sfruttabile permettendo pertanto la realizzazione di nuove aree urbane, tra le quali anche Kornhausplatz.

Oggi questa piazza è impreziosita dalla presenza, su un lato, dello Stadttheater, il teatro dell'opera, modesto edificio datato XIX secolo poco appariscente e quasi nascosto in un angolo dello spiazzo. Alla destra del teatro si trova il Kornhausbrücke, uno stretto ponte sospeso sul fiume Aare costruito nel 1895, lungo 382m, realizzato per collegare Kornhausplatz con la riva opposta del corso d'acqua. Sulla sinistra del teatro sorge invece la Kornhaus, l'antico edificio del granaio che, a discapito dell'umile funzione per la quale venne realizzato, possiede una struttura elegante e considerata un vero capolavoro del barocco svizzero: oggi, dopo che dal 1893 perse la propria originaria funzione di magazzino per le messi, costituisce la sede per eventi culturali, gastronomici e sociali. Di fronte allo Stadttheater sta infine un piccolo piazzale circondato da alberi ed al centro del quale si trova l'Erlach-Denkmal, una statua equestre dedicata a Rudolf von Erlach, condottiero svizzero che comandò l'esercito bernese nella battaglia di Laupen del 1339 contro la potenza asburgica. Era questa l'epoca in cui i contadini svizzeri, desiderosi di perseguire l'indipendenza dal potente impero asburgico scavalcando il dominio dei feudatari, costituirono il primo agglomerato della Confederazione Elvetica, una sorta di alleanza tra pari che costituirà successivamente l'embrione dello stato svizzero: il patto che sancì questa alleanza venne siglato nel 1291 dal Canton Uri, dal Canton Untervald e dal Canton Svitto presso la località di Grütli, nelle vicinanze della cittadina di Seelisberg. Il Canton di Berna si unì alla Confederazione nel 1353, proprio in seguito alla vittoria ottenuta da Rudolf von Erlach sull'esercito asburgico presso Laupen, a termine del conflitto scatenatosi dopo l'occupazione armata condotta dall'impero sulla città di Berna in risposta alla costituzione dell'alleanza confederata. Il successo ottenuto dall'esercito bernese spianerà la strada verso la costituzione del primo stato svizzero: nel 1415 Berna conquisterà infatti la città di Aargau, nel 1536 occuperà invece Vaud, ed a partire da questo momento diventerà di fatto la città-stato più grande situata a nord delle Alpi. Tutt'oggi la Svizzera mantiene molto delle sue origini provenienti dalla Confederazione Elvetica: lo stesso nome Svizzera deriva dal Canton Svitto, uno dei tre fondatori dell'alleanza confederata, ed inoltre ancora oggi i nomi Svizzera e Confederazione Elvetica permangono interscambiabili; la bandiera nazionale attuale è la stessa che fu adottata dai confederati (per la prima volta proprio nella battaglia di Laupen), una croce bianca su sfondo rosso, nonostante questo vessillo fu assunto ufficialmente come simbolo unitario solo nel 1847 in sostituzione del tricolore rosso, giallo e verde adottato nel corso dei cinque secoli precedenti dalla neonata repubblica elvetica; persino le targhe automobilistiche svizzere riportano tuttora la sigla CH, acronimo di Confederatio Helvetica. Ad ogni modo, la statua del leggendario condottiero Rudolf von Erlach venne realizzata da Joseph Simon Volmar e da Gottfried Debler nel 1849 e fu collocata inizialmente presso il duomo cittadino dove rimase fino al 1969, anno in cui fu spostata per essere collocata nella sede attuale di fronte allo Stadttheater.

Da Kornhausplatz ci inoltriamo senza esitazioni dentro il centro storico di Berna: nel farlo incontriamo subito la Kindlifresserbrunnen, la Fontana dell'Orco, realizzata nel 1544 e raffigurante un mostro nell'atto di inghiottire ben sette bambini. E' questa una delle undici fontane storiche che ornano le vie del centro di Berna, tutte realizzate tra il XVI secolo ed il XVIII secolo, tutte in stile rinascimentale, decorate con colori vivaci ed a tema allegorico, biblico o mitologico. Vennero collocate nei punti in cui si trovavano anticamente i pozzi di legno che consentivano al popolo l'approvvigionamento dell'acqua: secoli fa' infatti tali fonti idriche costituivano uno dei principali punti d'incontro per la popolazione di Berna; qui ogni giorno le persone si incontravano per procurarsi l'acqua trascorrendo parte del loro tempo a chiacchierare, a lavare i panni sporchi, o semplicemente ad osservare i passanti. Oggi come ieri le fontane sono collegate tra loro da un sottile ruscello, in parte visibile ed in parte interrato, congegnato per distribuire acqua potabile in città. Le undici fontane storiche di Berna hanno ormai perduto la loro funzione di fondamentale riserva idrica, ma continuano comunque a costituire un importante retaggio storico della città, caratterizzandola in modo inconfondibile e divenendone in parte un simbolo inequivocabile.

Un altro simbolo universalmente riconosciuto della capitale svizzera è collocato proprio a pochi passi dalla Fontana dell'Orco: si tratta dello Zytglogge, una torre bassa e squadrata, con un tetto affilato di tegole rosse, contrassegnata dalla presenza lungo la sua superficie di un prezioso orologio astronomico, opera di alta ingegneria meccanica attribuita a Kaspar Brunner, il quale lo realizzò nel 1530. La struttura dell'orologio è alquanto complessa, quindi non sentitevi in imbarazzo se osservandolo non riuscirete ad interpretarne i simboli: vi basti sapere che lungo il cerchio più esterno sono riportate le ore temporali (unità cronologica che varia a seconda della stagione in modo che dodici ore temporali corrispondano al tempo compreso tra l'alba ed il tramonto), nel cerchio successivo sono segnati i giorni della settimana e le ore della giornata, quindi procedendo verso il centro si trova un cerchio riportante i mesi dell'anno, infine nel cuore dell'orologio è collocato un planisfero insieme alle indicazioni relative alle fasi lunari ed allo zodiaco astronomico. Una strana curiosità: l'indicazione dei giorni del mese sull'orologio non prevede la data del 29 febbraio, motivo per cui, all'inizio di marzo di ogni anno bisestile, il meccanismo deve essere regolato manualmente. Questa complessa opera meccanica, posta lungo la facciata est della torre, è sormontata da un sottile fregio raffigurante cinque divinità mitologiche (Giove, Marte, Venere, Saturno e Mercurio) e soprattutto da un più semplice orologio a meccanismo, le cui parti terminali delle lancette appaiono a forma di Sole e di Luna, ed il quale fa il paio con un gemello identico posto lungo la facciata ovest della torre. Quest'ultimo è impreziosito per di più da uno sfondo decorato con un affresco del 1929 realizzato da Victor Surbek e raffigurante il dio greco Crono insieme alla rappresentazione della cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso. Sulla cima della torre, alta complessivamente 54m, un appuntito pennacchio si eleva verso l'alto offrendo riparo ad Hans von Thann, il palladio della città, una statua cavalleresca di metallo chiamata affettuosamente con questo nome dagli abitanti bernesi, collegata ad un meccanismo che le permette di battere ogni ora con il martello che tiene in mano contro una campana, la quale fa risuonare il proprio richiamo sopra Berna fin dal 1405. In quest'epoca la torre fu devastata e quasi completamente distrutta da un incendio, successivamente subì complesse opere di ricostruzione che videro la fine solo cinque secoli più tardi, nel 1893. Ad Hans von Thann, comunque, è affidata oggi come ieri la responsabilità di scandire il procedere del tempo in città, compito che svolge egregiamente di concerto con il piccolo meccanismo a carillon posto a lato dell'orologio astronomico, il quale anima lo scoccare di ogni nuova ora inscenando una breve sfilata in processione di figure realizzate in bronzo, copia delle sculture originali in legno scolpite in epoca medievale da Albrecht von Nürnberg. Lo Zytglogge venne costruito nel 1218 ed il suo ruolo iniziale fu quello di costituire il principale portale di accesso alla città. Successivamente, con l'espandersi dei confini urbani, la torre venne utilizzata come prigione femminile nella quale venivano rinchiuse le fanciulle tentatrici accusate di aver indotto chierici e prelati a compiere atti impuri: assurdo ma realmente accaduto; sinceramente mi chiedo (concedetemi un pizzico di sarcasmo) quale fosse la pena per i sedotti se questa era la punizione riservata alle sedicenti seduttrici. E' impossibile non rimanere ammirati di fronte a quest'opera tanto solida quanto ardita, ed il contesto a dire il vero le rende giustizia: ci troviamo infatti nel cuore dell'Altstadt, la parte vecchia di Berna, il nucleo medievale della capitale svizzera dichiarato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO nel 1983. Questo quartiere, delimitato dal tortuoso decorso dell'Aare che forma un'ansa semicircolare intorno ai suoi confini, è attraversato come una grossa arteria pulsante da una via principale, la quale muta il proprio nome mano a mano che prosegue il tragitto attraverso il centro storico.

Il punto di partenza di questa che è la strada più importante di Berna è costituito dalla Heiliggeistkirche, letteralmente la Chiesa dello Spirito Santo: è considerata la chiesa protestante più bella di tutta la Svizzera e venne realizzata tra l'XI secolo ed il XII secolo dai cavalieri dell'Ordine Monastico del Santo Spirito come cappella attigua all'abbazia che un tempo sorgeva sul luogo ma che oggi è completamente scomparsa. I cavalieri aderenti a questo ordine cavalleresco, il più prestigioso di Francia, erano votati anima e corpo alla protezione del monarca francese, il quale veniva da loro riconosciuto come persona sacra degna di religiosa venerazione (l'ordine venne abolito nel 1830). La primitiva cappella venne ingrandita nel 1496, ma nel 1528, in seguito alla Riforma Protestante condotta dal teologo svizzero Huldrych Zwingli, venne abbandonata e cadde in dissesto dopo che i monaci che la amministravano furono costretti alla fuga. Zwingli, riconosciuto come uno dei principali fondatori della Chiesa Protestante Svizzera, partendo dalle tesi luterane esposte pochi anni prima, predicò un approccio umanista alla fede, caratterizzato da una liturgia senza commenti al Vangelo e dalla convinzione dell'assoluta dipendenza della salvezza dell'uomo dall'onnipotenza divina e dal genio umano: venne scomunicato da papa Adriano VI nel 1526 e fu ucciso nel corso degli scontri che si vennero a creare tra protestanti e cattolici tradizionali. La cappella caduta in rovina che precedette la Heiliggeistkirche venne quindi per decenni utilizzata come granaio, fino al 1604, anno in cui venne riabilitata nuovamente allo svolgimento dei riti del culto protestane. L'elegante struttura barocca di cui fa sfoggio oggi questa meravigliosa chiesa risale solo a 1726, peccato solo che il suo fine profilo si ritrovi a fare a pungi, sullo sfondo, con il freddo e moderno edificio della stazione ferroviaria, una compagnia che, se solo la chiesa fosse dotata di parola, sono sicuro non incontrerebbe certo la sua approvazione.

Dalla Heiliggeistkirche si diparte la Spitalgasse, la prima porzione della principale via cittadina che corre tagliando il centro storico diretta verso le sponde dell'Aare. Dopo poche centinaia di metri la strada si scontra letteralmente con la Käfigturm, la massiccia Torre delle Prigioni, eretta tra il XIII secolo ed il XIV secolo per costituire la porta occidentale di accesso alla città. Come suggerisce il nome, questa austera costruzione assunse il ruolo di carcere dopo che nel 1405 l'edificio dello Zytglogge, fino ad allora adibito a prigione, andò distrutto dalle fiamme, e con quest'ultimo effettivamente la Käfigturm sembra spartire anche una certa somiglianza nello stile e nell'aspetto. Oggi comunque la Torre delle Prigioni è destinata al ruolo di centro per esposizioni e conferenze. La sua forma attuale risale comunque solo al 1641, epoca nella quale la costruzione originaria venne completamente demolita e successivamente ricostruita, mentre l'orologio a meccanismo che ne decora la facciata risale al 1691. Una curiosa leggenda popolare narra invece che la campana posta sulla cima di questa torre venne forgiata con metallo acquistato dal mercato tedesco durante il decorso della Guerra dei Trent'Anni, epoca in cui il metallo costituiva merce rarissima: questo periodo storico costituisce un passaggio di grande importanza per i territori svizzeri, ed infatti nonostante la Confederazione Elvetica si mantenne neutrale nel corso di tutto il conflitto, alla dichiarazione di pace del 1645 ottenne l'universale riconoscimento dell'indipendenza da parte di tutte le potenze europee. Tale atteggiamento di neutralità caratterizzò la Svizzera durante tutti i maggiori conflitti bellici europei, eppure, al termine della II Guerra Mondiale, non sono in molti a sapere che il governo elvetico venne obbligato dai vincitori alleati a versare una cifra pari a 250 milioni di Franchi Svizzeri (CHF) per la ricostruzione dell'Europa. A pochi passi dalla Torre delle Prigioni troviamo un altro edificio simbolo del centro storico bernese: in Weisenhausplatz si trova la Holländerturm, la Torre Olandese, antico bastione fortificato realizzato originariamente nel XIII secolo come parte delle mura difensive della città e restaurato in epoca più recente nel 1885. Oggi la sua struttura è stata inglobata nel contesto delle abitazioni vicine e la sua funzione è ridotta a quella di guardiano del mercato all'aperto che regolarmente si tiene nella piazza antistante. Il nome della torre deriverebbe invece dal fatto che nel corso del XVII secolo essa venne presidiata da un ufficiale dell'esercito svizzero il quale aveva precedentemente prestato servizio come mercenario in Olanda. In Weisenhausplatz si trova anche la fontana storica sicuramente più particolare di Berna: si tratta della Meret-Oppenheim-Brunnen, vera opera d'arte più che una semplice fonte d'acqua, realizzata nel 1983 dall'artista surrealista svizzera Meret Oppenheim. E' costituita da un pilastro di cemento alto 8m lungo il quale scorre costantemente un rivolo d'acqua, di modo che nella stagione mite la superficie del pilastro è ricoperta da uno strato di folto muschio, mentre nella stagione fredda a ricoprirla sono limpide lastre di ghiaccio. Tale ciclicità dell'opera d'arte rappresenta per l'artista il continuo rinnovarsi e crescere della vita. Tuttavia l'installazione, nonostante la sua stupefacente vitalità, non è nemmeno esente da considerevoli criticità, visto che l'alto contenuto di calcio dell'acqua che la lambisce determina la formazione di blocchi di calcare che devono regolarmente essere rimossi dai manutentori, mano a mano che si espandono, per evitarne il pericoloso crollo. Dalla Käfigturm il tragitto lineare della via principale del centro storico bernese prosegue sulla Marktgasse fino ad incontrare lo Zytglogge.

Da qui continua tramutandosi nella Kramgasse, e lungo il percorso di questo tratto di strada si incontra la Einsteinhaus, vale a dire quella che fu la residenza di Albert Einstein a Berna: qui il celeberrimo fisico tedesco visse insieme alla consorte, Mileva Maric, ed al figlio, Hans Albert Einstein, dal 1903 al 1905. Nonostante il breve periodo di soggiorno a Berna, è probabile che sia stato proprio in quest'edificio che il genio abbia concepito il suo capolavoro, la teoria della relatività che rivoluzionerà irreversibilmente il mondo della scienza. Ed è proprio nella capitale svizzera che Einstein visse gran parte della sua gioventù: si trasferì in città ancora adolescente insieme alla famiglia di origini ebree, e nel corso dei primi anni di permanenza fu costretto a frequenti trasferimenti in diverse abitazioni causati dalla dissestata condizione economica familiare. Nel 1895, all'età di sedici anni, la sua ammissione all'istituto politecnico di Zurigo venne respinta a causa di carenze nelle materie letterarie, ma ritentò un anno dopo con successo. Fu durante la sua permanenza a Zurigo che conobbe la futura moglie, Milena Maric, l'unica donna ammessa a frequentare i suoi corsi scolastici in un'epoca in cui al genere femminile era riservato un destino ben diverso dall'istruzione superiore. Nel 1900 Einstein concluse con successo gli studi ma fu l'unico del proprio corso a non ottenere un ruolo da assistente universitario. Un anno più tardi ottenne la cittadinanza svizzera, privilegio che gli consentì di trovare un impiego presso l'ufficio dei brevetti di Berna. La stabilità economica guadagnata consentì ad Einstein di sposarsi e di avere tre figli: il primo, nato antecedentemente al matrimonio con Milena Maric, morì prematuramente di scarlattina, il secondo, Hans Albert, divenne successivamente ingegnere, il terzo, Eduard, fu afflitto da gravi turbe mentali che ne richiesero già in giovane età l'internamento in un manicomio. Dal 1905, anno di svolta per le teorie fisiche della relatività, ad Einstein venne offerta una cattedra presso l'università di Berna, ma già nel 1911 il fisico abbandonò la capitale svizzera per trasferirsi a Praga, quindi a Berlino, infine negli Stati Uniti d'America dopo lo scoppio della II Guerra Mondiale e l'inizio delle persecuzioni contro gli ebrei. Fu proprio in America che contribuì allo sviluppo delle conoscenze che portarono alla realizzazione della prima bomba atomica, nonostante in un secondo momento si oppose fermamente all'utilizzo pratico di tale tecnologia, criticando poi apertamente la decisione di lanciare la bomba sul Giappone. Dopo il disastro nucleare giapponese si battè per un disarmo nucleare definitivo e celebri, in tale direzione, furono le sue parole: "Non so con quali armi verrà combattuta la III Guerra Mondiale, ma di sicuro la IV Guerra Mondiale verrà combattuta con clave e pietre".

Un'esistenza incredibile di sicuro, e che in un suo minuscolo frammento può essere colta visitando il museo collocato negli spazi della Einsteinhaus, al civico numero 49 della Kramgasse. La casa, posta al secondo piano di uno dei palazzi che, collegati senza soluzioni di continuità a quelli limitrofi, forma sui due lati gli argini all'interno dei quali scorre la via, ospita ancora oggi il salotto originale dell'abitazione appartenuta ad Eintsein: lo spazio, piccolo e raccolto, accoglie un tavolo di forma circolare ed un comodo sofà, i tendaggi eleganti incorniciano finestre luminose alle quali è ancora possibile immaginare affacciarsi lo sguardo riflessivo del genio, alle pareti rivestite di morbida moquette sono appese alcune fotografie ritraenti Einstein bambino e adulto. Nel vestibolo, adibito oggi a biglietteria, sono esposte sopra una vecchia scrivania di legno alcune pagelle scolastiche originali appartenute all'Einstein studente, ed è impossibile trattenere la curiosità che spinge a sbirciare le votazioni attribuite al grande scienziato per vedere se anche lui, come tutti, pativa materie indigeste. Mi spiace deludervi ma la credenza secondo la quale Einstein andasse male nelle materie matematiche durante i primi anni di studi non è altro che una bufala. In un angolo un po' nascosto invece, un albero genealogico delinea la discendenza di Einstein, e con non poca sorpresa scopro che esistono ancora persone che portano appiccicate a sè questo altisonante cognome: chissà quali pressioni avvertono nel pronunciarlo ad un colloquio di lavoro o quando capita di riconsegnare in ritardo un libro in biblioteca. Al piano superiore dell'abitazione, un ambiente completamente rinnovato offre l'opportunità di seguire un videodocumentario sulla vita di Einstein e di leggerne la biografia trascritta su pannelli esposti alle pareti. Spendere alcuni minuti a seguire la cronaca di questa incredibile vita vi assicuro che può offrire spunti inaspettati. A titolo di esempio: nel 1919, dopo aver divorziato dalla prima moglie, il fisico sposò una cugina di nome Elsa con la quale visse fine alla morte di lei nel 1936; nel corso della sua permanenza negli Stati Uniti d'America Einstein venne letteralmente spiato dall'FBI, il quale temeva che il fisico lavorasse occultamente per il regime sovietico, la sorveglianza cessò solo alla sua morte nel 1955 e le 1.800 pagine del fascicolo informativo a lui dedicato vennero infine archiviate; nel 1952 il neonato stato di Israele offrì ad Einstein la presidenza, ma lo scienziato declinò; dopo la sua morte, nonostante le ultime volontà del fisico fossero quelle di essere completamente cremato, il cervello di Einstein venne espiantato a fini di studi scientifici, ma senza autorizzazioni legali, dal medico Thomas Stoltz Harvey, successivamente radiato dall'ordine dei medici e caduto in disgrazia, oggi il prezioso organo è conservato presso l'ospedale di Princeton, anche se la leggenda vuole che per decenni il cervello del grande fisico sia stato trasportato immerso in un'urna di formaldeide dal medico che lo espiantò, divenuto ormai un senzatetto, nel corso dei suoi vagabondaggi senza meta. Oggi Einstein, Premio Nobel per la fisica nel 1921, è riconosciuto come una delle personalità scientifiche più rivoluzionarie della storia dell'uomo, e non posso fare a meno di pensare che tale successo non poteva che essere già annunciato nell'osservare una curiosa fotografia esposta nel museo e nella quale viene ritratta la classe di studi di Einstein: tutti promettenti giovani ragazzi impettiti, ben vestiti, composti, tutti tranne proprio Einstein, seduto in disparte con le gambe a cavalcioni e con atteggiamento disinvolto. Il manifesto della diversità incompresa che diventa genio assoluto. Forse esistono davvero persone nate per comunicare un messaggio e per vivere tentando di farlo, ed in queste persone il messaggio traspare da ogni alito di carattere, di espressione, di apparenza. Superata la Einsteinhaus, le poche centinaia di metri di lunghezza della Gerechtigkeitsgasse, la parte terminale della strada che attraversa il centro storico di Berna, conducono al limite orientale dell'Altstadt, quello lambito dalle rive dell'Aare. L'insieme di queste quattro strade (SpitalgasseMarktgasseKramgasse Gerechtigkeitsgasse), l'una succedente all'altra come degli atleti olimpici che gareggiano passandosi il testimone, rappresenta la viva tradizione di Berna, il suo immenso valore storico: il perimetro delle vie è impreziosito da ombreggiati porticati, i Lauben, sui quali ieri si affacciava il mercato locale ed oggi invece si affacciano ristoranti, negozi, forni, pasticcerie, magazzini, la vita operosa ed inarrestabile della città. Al centro delle strade, ad intervalli regolari, svettano alcune fontane storiche, tra le quale memorabili risultano la Simsonbrunnen, la Fontana di Sansone risalente al 1544 e raffigurante l'eroe biblico nell'atto di stritolare un leone, la Gerechtigkeitsbrunnen, la Fontana della Giustizia ritraente la dea bendata armata di spada e bilancia, la Zähringerbrunnen, opera del 1545 intitolata al fondatore della città Berthold V von Zähringen, e la Anna-Seiler-Brunnen, dedicata alla fondatrice del primo ospedale bernese vissuta nel XIV secolo.

A segnare il termine di questo percorso sorge la Nydeggkirche: questa chiesa sorge nell'esatto punto in cui si trovava anticamente un castello fortificato appartenuto al nobile casato tedesco degli Zähringen, andato distrutto dopo l'estinzione della dinastia nel XIII secolo. La chiesa venne costruita nel 1341, il campanile fu eretto nel 1480, e nel 1529, in seguito alla Riforma Protestante, l'edificio venne abbandonato e fu utilizzato come granaio e legnaia. Nel 1566 riacquistò infine il proprio ruolo di tempio e divenne dipendenza della vicina cattedrale. Dalla sua spettacolare posizione, posta a picco sui sottostanti tetti di tegole rosse delle abitazioni situate più in basso lungo il decorso del fiume, la chiesa offre uno scorcio cittadino davvero suggestivo.

Ci troviamo nella parte più antica di Berna, ed infatti oltre la Nydeggkirche si trova il Nideggbrücke, un solido ponte in pietra succeduto ad un più antico passaggio in legno, sospeso sull'Aare, realizzato nel XII secolo: è questo il ponte più antico della città, nonchè il punto di partenza dal quale si sviluppò il primitivo agglomerato urbano di Berna. Lo attraversiamo osservando sulla sinistra, più in basso, il gradevole disimpegno pedonale offerto dall'Untertorbrücke, ponte in pietra di piccole dimensioni realizzato nel 1461. Sulla destra la vista spazia invece sul Bärenpark, il Parco degli Orsi: la leggenda vuole che il nome di Berna derivi dalla parola tedesca bär, che significa appunto "orso", per volere del duca Berthold V von Zähringen il quale, nel 1191, anno di fondazione della città, decise di donare alla neonata località il nome del primo animale che avesse catturato durante una battuta di caccia.

Da allora e nei secoli a venire l'orso divenne il simbolo incontrastato della capitale svizzera, tanto da ricorrere un po' ovunque, dalla bandiera del Canton di Berna alla figura animata che lo rappresenta nel carillon dello Zytglogge, fino a trovarlo in carne ed ossa proprio nel Bärenpark. In questa stretta area verde disposta obliquamente in sottili terrazzamenti lungo la riva del fiume Aare risiedono infatti dal 2009 tre esemplari di Orso Bruno chiamati affettuosamente dai bernesi con i nomi di Finn, Björk e Ursina, quest'ultima, ancora cucciola, nata proprio nell'anno in cui gli orsi vennero spostati nell'attuale parco da una vicina fossa, esistente dal 1857, divenuta troppo piccola per ospitarli. Nella collocazione attuale, estesa complessivamente per circa 6.000m², gli orsi hanno a disposizione terra, cespugli dai quali attingere per cibarsi di bacche, un bacino d'acqua al quale abbeverarsi e nel quale trovare refrigerio, tuttavia non si può certo dire che possano godere di un comodo ed ampio spazio. Sicuramente, nel corso degli anni, i tre animali si sono abituati agli sguardi indiscreti delle decine di turisti che ad ogni momento del giorno ne sbirciano i movimenti dal parapetto posto in alto sopra il limite del parco, e ad essere sinceri piange un po' il cuore nel vedere un animale tanto maestoso, temibile e nobile sacrificato in un luogo così poco adatto alla sua indole. Del resto ben prima dell'arrivo dei tre esemplari attualmente detenuti nel Bärenpark, già nel XVI secolo, gli orsi venivano allevati in città come una sorta di amuleto capace di recare fortuna, soprattutto durante i periodi bellici, credenza tanto inutile quanto ottusa e poco rispettosa della natura animale, anche se oggi forse, a distanza di quattro secoli, ci si aspetterebbe un po' più di buon senso. E infatti, maggiormente tra i più ferventi oppositori al trattamento riservato per questi animali, c'è chi sostiene che il nome Berna non derivi dall'orso, bensì sorprendentemente dalla città italiana di Verona, la quale in epoca medievale era probabilmente conosciuta nelle regioni tedescofone con il nome storpiato che oggi è divenuto quello della capitale elvetica. Il collegamento tra le due località rimarrebbe comunque un mistero.

A completare l'ambiente del Bärenpark giunge il suono calmo delle acque tranquille del fiume Aare che scorre poco più sotto a delimitare l'argine sul quale si sviluppa il parco: è questo il fiume più lungo con decorso completamente in territorio svizzero, ben 295km di lunghezza complessiva, costeggia Berna per poi sfociare nel Reno vicino al confine con la Germania. Le sue acque limpide e tranquille offrono l'occasione di un attimo di tranquillità in una città già di per sè tranquilla, ma godere da vicino il lento flusso della corrente, dopo aver raggiunto la sponda del fiume attraverso il breve tragitto in ascensore (completamente gratuito) disponibile dalla terrazza del Bärenpark, è davvero piacevole.

Dopo un saluto un po' malinconico ai tre orsi, riprendiamo la visita della città: imbocchiamo Junkerngasse, parallela della già percorsa Gerechtigkeitsgasse, ed in breve incrociamo la Erlacherhof, la villa storica più prestigiosa di Berna, l'unica nei confini dell'Altstadt a possedere un cortile interno. Questa prestigiosa abitazione venne realizzata nel 1745 dall'architetto svizzero Albrecht Stürler come residenza per il nobile bernese Hieronymus von Erlach. Alla decorazione della facciata esterna dell'edificio contribuì Johann August Nahl, scultore tedesco tra i più apprezzati nell'Europa del XVIII secolo. A discapito della sua pregevole fattura e delle aristocratiche origini, la villa ha attraversato nei secoli vicende rocambolesche: nel 1795 venne acquistata dal macellaio Albrecht Hegi e dal mercante David Rudolf Bay, circostanza che abbassò inevitabilmente di molto la sua collocazione sociale; successivamente, quando le truppe francesi guidate da Napoleone occuparono la Svizzera nel 1798, la residenza divenne il quartier generale dell'ufficiale transalpino Guillaume Brune; con la fine dell'occupazione francese fu utilizzata come scuola prima e come sede dell'ambasciata francese poi; dal 1848 al 1857 vi fu collocato il neonato Consiglio Federale Svizzero (l'organo esecutivo del governo elvetico); oggi ospita gli uffici del sindaco di Berna. Ammiriamo il bel profilo della Erlacherhof dall'esterno, attraverso l'elegante portale di accesso di pietra costituito da un'arcata principale circondata da due arcate minori per lato a formare un piccolo porticato riparato dal Sole. Poco più avanti giungiamo in Münsterplatz, uno degli svincoli principali di Berna, dove oltre alla Mosesbrunnen, una fontana storica dedicata al personaggio biblico di Mosè, realizzata nel 1544 da Niklaus Sprüngli e ristrutturata nel 1791, si trova il Münster Hl. Vinzenz, la Cattedrale di San Vincenzo.

Questo gioiello dell'architettura tardogotica, dedicata attualmente al culto evangelico riformato, rappresenta una delle costruzioni di maggior prestigio della città, nonchè l'edificio religioso più alto di tutta la Svizzera. La sua realizzazione venne condotta dall'architetto Mätthaus Ensinger, esponente del gotico tedesco, ed iniziò nel 1421: lo scopo era quello di sostituire un precedente e più piccolo tempio medievale. Durante la prima metà del '500 la costruzione della cattedrale subì un rallentamento e venne infine sospesa, sicchè il profilo incompleto della torre campanaria caratterizzerà l'aspetto della città per i successivi tre secoli. Solo nel XVIII secolo infatti la costruzione dell'edificio verrà ripresa per concludersi solo nel 1893. Tanto tempo è servito per compiere quest'ambiziosa opera, ma ne è sicuramente valsa la pena, visto che la cattedrale rappresenta oggi un capolavoro dell'architettura religiosa svizzera: la facciata incute quasi timore, alta, imponente, severa, dotata com'è di guglie appuntite e soprattutto di una torre campanaria, alta 100m, posta al centro a dominare quasi la totalità della facciata. Il portale principale è decorato con fini incisioni rappresentanti il Giudizio Universale, opera manifesto dello scultore Erhart Küng, principale artista bernese del XV secolo. La chiesa, inizialmente dedicata al culto cattolico e consacrata a San Vincenzo di Saragozza, martire spagnolo vissuto nel IV secolo d.C., venne successivamente convertita al protestantesimo. Gli interni della cattedrale, suddivisi in tre navate, caratterizzati da vertiginose volte e da affilati pilastri, ospitano pregevoli vetrate colorate, purtroppo occultate alla nostra vista da pesanti ponteggi montati intorno all'altare sopra il quale sono condotti, al momento della nostra visita, lavori di restauro. Osservare il Münster Hl. Vinzenz nel suo aspetto esteriore ed interiore suscita la soggezione tipica un po' di tutti i luoghi germanici e del cruccio preciso, compassato, ed imperturbabile dei suoi abitanti. A fare contrasto con questa impressione, dietro la sagoma della cattedrale sorge la Münsterplattform, un appartato parco riparato da verdi castagni dove bambini rumorosi e vivaci giocano tra loro, sorvegliati dagli adulti che trascorrono il tempo gustando un gelato o bevendo una bibita procurata ai minuscoli chioschi collocati agli angoli dello spiazzo verde. Il fatto di sorgere su un luogo sopraelevato rispetto ai dintorni cittadini rende questo luogo uno dei punti panoramici più apprezzati del centro storico di Berna, insieme al vicino Nideggbrücke: da qui la vista sull'Aare e sui tetti tegolati di rosso delle abitazioni sottostanti è davvero graziosa. Procediamo tenendo la cattedrale alle spalle e, percorsa appena una manciata di passi, giungiamo in Bundesplatz: al centro di questa spaziosa piazza si colloca una grande fontana a raso formata da 26 getti d'acqua, chiaro riferimento ai Cantoni Svizzeri, risultato del progetto di riqualificazione di uno spazio precedentemente usato come parcheggio condotto nel 1991 da Stephan Mundwiler, vincitore nel 2006 del riconoscimento assegnato per il design urbanistico dall'American Insitute of Architects.

Lungo lo sfondo della piazza sorge la Bundeshaus, vale a dire il Palazzo Federale, la sede del Parlamento Svizzero. Questo edificio elegante, autorevole e forbito venne realizzato su progetto dell'architetto elvetico Hans Wilhelm Auer e fu completato nel 1902. Dell'imponente struttura del palazzo colpisce la bella facciata, il cui aspetto richiama la composizione degli antichi templi greci, e soprattutto la cupola, innalzata alle spalle della facciata stessa quasi a guisa di salvaguardia, alta ben 64m. La Bundeshaus è il fulcro istituzionale della città e fa il paio con un altro edificio bernese di grande importanza politica, oltre che storica: all'angolo diametralmente opposto dell'Altstadt sorge la Rathaus, cioè il Palazzo del Municipio, sede dell'amministrazione cittadina e quartier generale dell'intero Canton di Berna. Ciò che merita particolare attenzione in questa pregevole costruzione, risalente al XV secolo, è la doppia scalinata in stile gotico collocata ai piedi della facciata e culminante in un piccolo baldacchino di pietra contrassegnato da un orologio a meccanismo.

L'ingresso all'edificio è guardato costantemente a vista dalla Vennerbrunnen, la Fontana dell'Alfiere, dal culmine della quale un cavaliere in armatura presidia l'area tenendo tra le mani l'insegna della città di Berna, consistente nell'immagine stilizzata di un orso su campo giallo ad angoli rossi. Tale fontana storica venne realizzata nel 1542 e rende memoria ad uno dei titoli militari e politici più importanti nella Svizzera medievale: alla figura dell'alfiere, scelto all'interno di gilde specifiche, era infatti affidata la difesa della pace e la conduzione degli eserciti nel corso delle battaglie. Accanto al Palazzo del Municipio il profano si unisce al sacro per mezzo dell'affilata sagoma della Kirche St. Peter und Paul, la cattedrale bernese del culto religioso cristiano. Costruito nel 1858, questo edificio, eretto per essere il primo tempio cattolico della capitale svizzera, venne successivamente e per iniziativa dei suoi stessi fedeli consacrato alla professione cristiana a partire dal 1875. Era questa l'epoca del cosiddetto Kulturkampf, cioè della battaglia culturale e diplomatica che, a partire dalla seconda metà del XIX secolo fino ai primi anni del XX secolo, vide contrapposti il clero cattolico ai governi centroeuropei, questi ultimi promotori di una politica anticlericale, anticristiana, laica ed umanista. La struttura di questa chiesa è pertanto ancora oggi testimonianza di un'ardita scelta di fede in controtendenza nel contesto di un territorio, quello del Canton di Berna, nel quale il protestantesimo storicamente nei secoli ha affermato considerevoli e ben radicate posizioni.

Lo slanciato aspetto gotico a tre navate della cattedrale rispecchia effettivamente questo spirito anticonvenzionalista ed allo stesso tempo tradizionalista. Alla realizzazione dell'opera, risultato di un bando di costruzione internazionale, partecipò tra gli altri l'architetto francese Pierre Joseph Edouard Deperthes, autore anche della struttura del municipio di Parigi, mentre gli interni dalle colorate vetrate, dalle linee moderne e dai soffitti dipinti, riconducono allo stile artistico proprio dell'art nouveau, in maniera un po' contrastante rispetto all'affilato aspetto esterno dell'edificio. Rimaniamo alcuni minuti ad osservare lo speculare spettacolo in negativo, come una fotografia inversa in bianco e nero, della Kirche St. Peter und Paul e della Rathaus, e veniamo improvvisamente sorpresi dall'arrivo di un'automobile al sedile posteriore della quale scorgiamo seduta una sposa in abito bianco. Vedendola scendere dalla propria carrozza come la principessa di una fiaba, candida ed elegante, ci farebbe immaginare di vederla a breve entrare nella cattedrale dove lo sposo attende già di prenderla in moglie. Con sorpresa ci accorgiamo invece che i due futuri sposi prendono la via del municipio accolti dalle acclamazioni dei parenti e dal plauso dei passanti che si sono fermati ad ammirare la scena: anche per noi che di certo non siamo integralisti religiosi, tale circostanza si rivela una sorpresa che ci conferma la convinta indipendenza e la sincera libertà di costumi di questo tranquillo popolo pacifico. La visita di Berna non può concludersi senza prima aver percorso gli spazi dei due tesori naturalistici incastonati nelle vie della capitale svizzera. Lungo il lato occidentale del centro storico, poco oltre le rive dell'Aare e lungo la sua sponda, si estende il Botanischer Garten, un rigoglioso giardino botanico, ben tenuto e davvero degno di grande interesse, prezioso scrigno di biodiversità nel cuore della città urbana: lungo una superficie aperta di due ettari e nello spazio chiuso di sette serre crescono circa 6.000 varietà di piante provenienti da tutto il Mondo. La visita di questo parco verde è davvero piacevole e non priva di sorprese per chi come noi è un profano della scienza botanica: la vicinanza alle acque dell'Aare e gli isolati stagni, degni di una tela ad acquarello, conferiscono la giusta poesia e la meritata tranquillità al visitatore; la confortevole passeggiata che ne risulta è persino condita da alcuni raccolti punti espositivi presso i quali è possibile osservare i metodi di lavorazione del legno per costruire rifugi per animali oppure degustare dell'ottimo miele. Questo prezioso ambiente naturale nel quale sono le piante a fare da padrone è completato dal delicato e rispettoso tocco dell'uomo, la cui presenza è rappresentata dagli edifici, a dire il vero armoniosamente disposti rispetto al contesto, occupati da un distaccamento della facoltà di botanica dell'università di Berna, che qui si occupa di ricerca e di tutela della flora.

Di ben altra fattura è invece il Rosengarten, il parco pubblico bernese celebre per i propri variopinti roseti. Più affollato e rumoroso del gemello diverso costituito dal Botanischer Garten, questo spazio verde sorge sulla cime di una bassa altura posizionata a picco sopra l'Altstadt, e la mancanza di pace e silenzio è ampiamente ripagata dalla meravigliosa veduta sulla città vecchia che da questo luogo è possibile cogliere: è di certo infatti il punto panoramico più spettacolare di tutta Berna. E' davvero assurdo sapere che questo signorile spazio venne utilizzato fino al 1877 come cimitero, mentre solo dal 1917 assunse l'attuale ruolo di parco aperto al pubblico. Oggi vi si trovano circa 200 specie differenti di rose, oltre a tranquilli stagni artificiali, un ristorante sempre affollatissimo e tanta tanta folla. Non fatevi però scoraggiare dalla vociante calca di persone che ogni giorno si appollaia lungo il parapetto ad osservare il Sole che cala: vale davvero la pena visitare il Rosengarten e di ritorno dal vostro viaggio sarà il paesaggio che osserverete da qui a costituire la fotografia istantanea del vostro itinerario bernese.

La giornata a zonzo per le vie di Berna poteva benissimo, per quanto mi riguarda, concludersi qui, con il profumo delle rose nelle narici, il vento fresco della sera incipiente sul volto, e la vista della calda luce solare sopra i tetti del centro storico, ma la famelicità dei miei compagni di viaggio ci riserva un finale ben diverso. Del resto come non capirli: anche a me, dopo tutto questo camminare, è venuto un certo appetito. Partiamo però da un presupposto: nulla in Svizzera è economico e a buon mercato. Così non ci risulta poi così semplice trovare qualcosa che faccia al caso nostro, che soddisfi il nostro stomaco senza mortificare le nostre tasche. Dopo lunga e faticosa ricerca ecco la miracolosa apparizione: una taverna di non molte pretese dove assaggiare specialità locali, il prezzo non è proprio dei più bassi ma ci accontentiamo. Dopotutto, se il palato vuole la sua parte anche la curiosità vuole la propria, e ad essere sinceri siamo abbastanza desiderosi di assaggiare piatti della cucina tradizionale svizzera. Errore, errore, sciagurato errore! Disgraziato come sono dirigo le mie esigenti voglie culinarie sul Berner Rösti, piatto della cucina elvetica a base di patate lesse, cipolle, pancetta, formaggio, il tutto fritto in abbondante olio e burro, ed accompagnato a pane con marmellata di mele. Sinceramente non so quale strana forma di follia mi abbia spinto ad ordinare quest'incudine culinaria, vero attentato all'incolumità dell'ignaro consumatore, viste anche le porzioni degne di un camionista messo a dieta e affamato da centinaia di chilometri di viaggio. Fatto sta che la fame atavica che mi avvinghiava mi ha costretto a consumarlo tutto, dal primo all'ultimo boccone, e perdonatemi se alla conclusione non ho potuto fare la scarpetta nel laghetto di olio fritto nel quale la pietanza mi era stata servita. Ho scoperto solo successivamente che questa preparazione veniva consumata dai contadini svizzeri come colazione, abitudine che ancora stento anche solo ad immaginare. Sicuramente lo stomaco dei braccianti elvetici è più temprato del mio, visto che l'unica cosa a farmi compagnia nell'agitato riposo notturno è stata solo una brutta gastrite.

Un buon sonno ristoratore ci ristabilisce dalla pessima cena consumata durante la giornata trascorsa a Berna, ed il giorno successivo siamo così pronti, abili ed arruolati, per proseguire il nostro itinerario. I puntualissimi treni svizzeri ci trasportano, nel giro di appena una mezz'ora di viaggio, alla vicina città di Thun, località a torto conosciuta più per gli omonimi soprammobili da collezione (tra l'altro prodotti da un'azienda italiana con sede a Bolzano) piuttosto che per i suoi pregi monumentali e culturali. Situata circa 30km a sud di Berna, lungo le rive del Thunersee nel punto in cui il fiume Aare defluisce dal lago, Thun si colloca nel centro della regione del Berner Oberland, uno delle cinque suddivisioni territoriali amministrative in cui è frazionato il Canton di Berna. Vette alpine innevate d'inverno e verdeggianti in estate, specchi lacustri placidi ed azzurri che riflettono sulla perfetta superficie limpida tutta la vanità di un cielo abbellito solo dalla cipria di candide nuvole passeggere, pascoli rigogliosi che come pregiati tappeti della migliore fattura ricoprono le pendici di colline gentili, infine piccoli centri abitati tranquilli, ventilati da brezze leggere e capaci di strappare sempre al viandante un sospiro di quiete: tutto questo è il Berner Oberland, e Thun ne è l'anima.

La città deve il proprio nome alla popolazione celta che per prima abitò i suoi territori: la parola dunum in lingua celtica significava "città fortificata", e fu questa probabilmente l'originaria natura del primitivo insediamento. Intorno al 58 a.C., agli albori del Primo Triumvirato, il sito venne conquistato, come del resto anche gran parte della Svizzera, dai romani, i quali stabilirono proprio a Thun il centro amministrativo dell'intero territorio elvetico da loro sottomesso. In quest'epoca fu grande il progresso apportato a quest'area in termini di sviluppo urbanistico, sociale ed economico. Nel V secolo d.C. i romani vennero costretti a ritirarsi dalla Svizzera dall'incursione del popolo dei burgundi, una tribù germanica di religione cristiana migrata probabilmente dalla Scandinavia e stabilitasi nella valle del Reno. Con l'avanzata di questa popolazione barbara la regione oggi occupata dal Berner Oberland divenne terra di confine tra i burgundi cristiani e gli alemanni pagani che vivevano nei territori più a nord. Nel 1033, alla caduta del dominio burgundo, la regione venne annessa al Sacro Romano Impero: l'imperatore Corrado II di Franconia incaricò pertanto il nobile casato degli Zähringen, stanziato a Berna, di sottomettere e governare l'aristocrazia locale. E proprio Berthold V von Zähringen, già fondatore della capitale svizzera, conferì una spinta decisiva all'espansione di Thun ed al suo sviluppo. Nel 1384 la città divenne ufficialmente parte del Canton di Berna, appartenenza persistita fino ai giorni nostri con una sola breve parentesi tra il 1798 ed il 1803 nel corso della quale Thun fu riconosciuta come capitale di un temporaneo Cantone d'Oberland proclamato in seguito all'incursione napoleonica nei territori elvetici. Oggigiorno il fulcro delle attività produttive della città di Thun è costituito soprattutto dal turismo, sebbene non sia da dimenticare che qui sorge anche la scuola militare più grande di tutta la Svizzera, e già prima dell'arrivo a destinazione, nel corso del viaggio in treno da Berna, ce n'eravamo accorti nell'osservare l'insolito numero di cadetti in divisa presenti nel nostro scompartimento ferroviario. E certamente Thun giustifica, con il proprio prezioso patrimonio, il grande numero di turisti che regolarmente vi giungono in visita. La città si divide infatti in due grandi porzioni: la prima di queste è l'Unterstadt, la città bassa sviluppata intorno alle rive del fiume Aare che la attraversa. Nel mezzo del corso fluviale, al centro del nucleo storico di Thun, sorge l'isolotto sul quale si trova il distretto Bälliz-Freienhofgasse, più che un quartiere una città all'interno della città: nel piccolo spazio offerto da questa minuscola isola sorge infatti un concentrato vitale di locande, botteghe, taverne, alberghi, oltre al mercato che vi si tiene all'aperto settimanalmente. Il modo migliore per accedere a questa parte di Thun è tramite la Sherzligschleuse, un ponte coperto, lungo 54m e largo poco meno di 2m, costruito sopra un'antica chiusa in legno realizzata nel 1726 (e ristrutturata nel 1818) per regolare il livello delle acque dell'Aare. Attraversandola è ancora possibile vedere i meccanismi che amministrano i flussi d'acqua attraverso la chiusa, mentre poco più sotto violente rapide si sprigionano dal passaggio attraverso le piccole feritoie della chiusa stessa. Sicuramente è questo uno dei punti d'interesse più particolari e di più facile ricordo dell'intera cittadina. Da questo luogo, in lontananze verso il lago, si scorge la sagoma imponente del Thunerhof, il primo hotel di lusso costruito a Thun nel 1870 su progetto dell'architetto svizzero Paul Adolphe Tieche. Lungo 60m, largo 30m e alto ben 20m, l'hotel contava circa 100 camere e nel suo periodo di massimo splendore, corrispondente ai primi decenni del XX secolo, la sua fama valicava i confini nazionali. Con lo scoppio della II Guerra Mondiale però l'istituzione alberghiera conobbe un'improvvisa battuta di arresto, ed il declino fu tale e tanto rapido che già nel 1942 la struttura venne rilevata dal municipio di Thun. In seguito venne usato come sede per diverse corporazioni ed associazioni locali, e solo nel 1949 vi venne collocato il Kunstmuseum, cioè il Museo di Belle Arti: osservandone oggi il bellissimo ed elegante aspetto esterno, verrebbe proprio da pensare che mai scelta fu più adatta. Superato il Bälliz-Freienhofgasse, sulla riva opposta del fiume si trova l'Obere Hauptgasse, la via più conosciuta di Thun: celebri sono i suoi marciapiedi alti, concreta realizzazione del principio vinciniano della città ideale secondo il quale i passaggi pedonali delle vie sarebbero dovuti essere costruiti sopraelevati rispetto allo spazio carraio. Così Leonardo da Vinci immaginava utopicamente lo spazio urbano perfetto, seguendo cioè i principi di razionalità, scienza, funzionalità, geometria e filosofia, spinto a realizzare un progetto di città salubre e sicura a seguito del recente sterminio condotto dall'epidemia di peste che si abbattè su Milano nel 1486. Il risultato raggiunto in tali termini a Thun è costituito dalla singolare possibilità per i viandanti di camminare in modo separato rispetto alla carreggiata, sopra una superficie lastricata ricavata dai soffitti dei sottostanti edifici, che per lo più sono botteghe e laboratori artigianali. 

Ad un'estremità della Obere Hauptgasse si apre la Rathausplatz, e su di essa si colloca l'edificio semplice e freddo della Rathaus: il municipio locale, costruito nel 1500, venne ingrandito e ristrutturato nel 1685, epoca in cui fu conferito all'edificio l'aspetto odierno, mentre già in precedenza era stata inoltre annessa alla struttura una bassa torre squadrata costruita nel 1585 per ospitare l'archivio storico della città. Ciò che contraddistingue la sagoma della Rathaus sono le sue linee precise, spigolose, associate ad una facciata composta da due file di finestre accoppiate e più in basso da un porticato al quale si ha accesso per mezzo di basse arcate prive di particolari ornamenti. Al centro della facciata spicca un luminoso orologio a meccanismo dai toni dorati e, poco più giù, una piccola rappresentazione dello stemma araldico cittadino contornata da due figure leonine rampanti. Se ciò che si preferisce, invece, è l'architettura religiosa, la costruzione di maggior prestigio a Thun è costituita dalla Stadtkirche, la principale chiesa riformata della città: l'edificio odierno, opera di Paulus Nader, risale al 1738, sebbene un tempio precedente sorgesse sul luogo già nel XIII secolo.

Dello stesso periodo è anche la torre campanaria, attualmente in ottimo stato di conservazione, il cui profilo risulta sempre ben riconoscibile da qualunque punto della città, dato che la Stadtkirche sorge in una posizione sopraelevata rispetto all'Unterstadt. Gli interni della chiesa, in stile barocco, riportano decorazioni di Daniel Haag, mentre l'altare fu realizzato nel 1661 da Daniel Gintzi. Sebbene dall'interno non sembri affatto di trovarsi in un tempio religioso, ammirevole e solenne appare il pregevole organo realizzato nel 1950 dalla bottega artigianale svizzera Metzler. Arrivare alla Stadtkirche, nonostante la sua posizione innalzata rispetto al centro abitato, non è molto faticoso, e lo sforzo della salita è sicuramente mitigato dalla Kirchtreppe, la scenografica scalinata in granito, coperta da una tettoia di legno, che dalla Obere Hauptgasse proietta direttamente verso la chiesa: venne realizzata nel 1818 e alla sua cima è posto un piccolo padiglione colonnato, in stile romanico, la cui volta è decorata da affreschi realizzati da Roman Tschabold nel 1959. A poca distanza dalla Stadtkirche sorge infine lo Schloss Thun, la struttura embrionale intorno alla quale si venne a sviluppare nei secoli la città circostante.

Questo castello venne infatti eretto sul finire del XII secolo da Berthold V von Zähringen e fu poi residenza del nobile signore Ulrich III von Kyburg, dal 1888 ospita invece un museo storico, un hotel ed un ristorante. La sua struttura gotica a pianta quadrata, con i quattro angoli occupati da alte torri circolari, appare effettivamente inespugnabile, solida, ostile, con le pareti prive di particolari fenestrature ed i tetti tegolati appuntiti. Nel cortile interno della fortezza, raccolto e chiuso tra alte murature, si può ammirare ancora oggi un pozzo profondo ben 32m usato in origine dai residenti per l'approvvigionamento idrico: nonostante l'isolamento che il castello era in grado di garantire, i suoi abitanti non sarebbero mai rimasti senza acqua. Ammirare questo prezioso frammento di storia relativa a Thun non sarà comunque l'unico regalo che questo sito potrà farvi: il castello sorge infatti sullo Schlossberg, l'altura che costituisce la seconda porzione di cui si compone Thun, oltre al già citato Unterstadt. Da qui avrete senza dubbio la vista migliore sulla città e sul vicino Thunersee. A dire il vero proprio un bel panorama!

Noleggiamo le nostre biciclette a Thun presso l'agenzia Rent a Bike delle Schweizerische Bundesbahnen, che sarebbero le ferrovie svizzere, a dire il vero non senza qualche patema: è domenica ed il punto nolo collocato accanto alla stazione ferroviaria lo troviamo chiuso, così dobbiamo impiegare non poca fatica per ottenere le biciclette direttamente dallo sportello della biglietteria della stazione, opzione possibile ma evidentemente non molto ben vista dagli impiegati delle ferrovie. Comunque, dopo aver sfoggiato la nostra migliore ruffianeria, eccoci pronti a pedalare: zaino in spalla, montiamo in sella e partiamo. Da Thun il nostro percorso ciclistico si dirige lontano dalla città, inoltrandosi lentamente in un'ordinata periferia urbana.

Le strade tranquille e poco trafficate ci conducono ad attraversare piccoli centri abitati, più appendici del vicino capoluogo piuttosto che villaggi veri e propri. Tra questi c'è Allmendingen bei Thun, sobborgo di circa 2.200 abitanti che conobbe il suo periodo di massimo splendore tra il I secolo a.C. ed il III secolo a.C., epoca nella quale l'area era abitata dal popolo celtico e sul sito in cui sorge oggi il centro abitato era collocato il principale luogo di culto religioso pagano della zona. Ed effettivamente ancora oggi ciò che meglio si ricorda di questo minuscolo villaggio, sempre fedele a sè stesso, è il profilo solido ed essenziale del campanile della sua chiesa protestante, la Kirche Allmendingen, realizzata nel 1992 dagli architetti Sylvia e Kurt Schenk, omaggio contemporaneo alla natura spirituale che contraddistinse questo luogo fin dalle sue origini. Dirigendoci verso uno sfondo dominato da imperiose montagne innevate, il nostro itinerario si sposta ben presto sul percorso della Aare-Route, la pista ciclabile nazionale n°8 che origina presso il villaggio di Gletsch (nel Canton Vallese) e segue poi il percorso del fiume Aare (da cui il nome) costeggiando il Thunersee, attraversando prima Thun e poi Berna, per terminare infine nelle vicinanze dello sbocco dell'Aare nel Reno. La pista ha un'estensione complessiva di circa 305km e fa parte dei nove itinerari ciclistici nazionali tutelati dalla Svizzera, un vero patrimonio di scoperta naturalistica e paesaggistica.

Ci immettiamo sulla superficie asfaltata della pista ciclabile e seguiamo la direzione prestando attenzione alle regolari segnalazioni riportate su sgargianti cartelli rossi posti con regolarità ai bordi della strada. Poco oltre Allmendingen bei Thun la pista si discosta dalla via principale per proseguire su una strada secondaria che poco a poco si addentra all'interno di una folta macchia verde: ci troviamo infatti nel Glütschbachtal, la Valle del Fiume Glütschbach, e ad attraversarla sembra di percorrere un sottile passaggio lasciato libero e concesso dalla Natura al nostro transito. La sensazione è proprio quella di essere ospiti in uno spettacolare salotto e ne consegue l'ovvia convinzione di essere fortunati nel poter godere di tanta naturale bellezza. Basta infatti abbandonare la strada asfaltata, imboccando uno dei numerosissimi e stretti sentieri sterrati laterali, per addentrarsi in un ambiente verdissimo e rigoglioso, incontaminato e genuino: la traccia dell'uomo è quasi impercettibile, salvo alcuni passanti che in sella alle loro biciclette animano l'ambiente come fanno le saette con un temporale estivo; il Glüschbach scorre placido ma vivace sul proprio greto sassoso circondato da alte pareti rocciose e da folti alberi. Nonostante il suo evidente valore paesaggistico, questo esile torrente ha però origini artificiali e venne ricavato intorno al XVIII secolo per fornire acqua potabile agli abitanti dei villaggi circostanti. Oggi il corso d'acqua ha ormai perduto la sua originaria funzione, ma continua comunque a creare un ambiente gradevole e sorprendente, basti pensare alla Tropfsteinhöhlen Glütschbachtal, una grotta di stalattiti calcaree che si apre ad un tratto direttamente a lato del sentiero: qui sono collocati anche dei punti ristoro che consentono al viaggiatore di cogliere un poco di ombreggiato riposo.

Ansiosi di esaudire la nostra curiosità, già ben stimolata dal percorso appena compiuto, continuiamo la nostra pedalata, proseguiamo su un sentiero sterrato che a tratti concede scorci meravigliosi su verdi colline inondate da un tiepido Sole e sulle quali, qua e là, sorgono piccole casette di legno come isolate ninfee su un lago d'erba. Siamo nel cuore del Berner Oberland e qui è possibile apprezzarne l'eterea bellezza in tutto il suo spontaneo splendore.

Usciamo dalla macchia boschiva all'altezza del villaggio di Hani, poche anime ed una manciata di case. Il sentiero, dopo essersi dispiegato per un tratto direttamente sulla strada carraia, piega bruscamente a destra e si addentra nuovamente nel verde. Qui iniziano i territori appartenenti all'Augand, la pianura alluvionale (dichiarata riserva naturalistica protetta) che comprende la valle del fiume Kander, corso d'acqua di discreta portata che nasce dalle Alpi Bernesi per gettarsi nel Thunersee. Davvero stupendo è lo scorcio sul fiume e sulla sua valle, circondata dal bosco e sormontata dallo sfondo delle montagne, che è possibile cogliere nell'attraversare il viadotto sopraelevato posto sopra il decorso del fiume e composto di scarne passerelle di metallo, uno dei paesaggi più suggestivi che abbiamo potuto incontrare durante la nostra biciclettata.

Dopo qualche istante trascorso in contemplazione riprendiamo la pedalata: oltre l'Augland il percorso sbocca tristemente ai lati di una grande arteria autostradale che valichiamo due volte senza trascurare comunque i bei frammenti di paesaggio che il Berner Oberland, anche qui, a sprazzi ci offre. La strada asfaltata ci proietta direttamente in una grigia zona industriale senza troppe attenuanti. Superiamo i binari di una stretta ferrovia e ci fermiamo presso un isolato centro sportivo per consumare il nostro pranzo: ne approfittiamo per ammirare l'abilità degli svizzeri nel praticare il gioco del calcio e per cimentarci noi stessi in una sfida all'ultimo respiro con alcuni agguerriti bambini. Siamo ormai alla periferia di Spiez, la meta della nostra pedalata, ed il passo è tanto breve quanto faticoso. Ripreso il viaggio, dopo un triste panino al formaggio, ci apprestiamo infatti a penetrare nei confini della città vera e propria, ma il sentiero non è della stessa idea, ed un continuo susseguirsi di salite e discese mette a dura prova i nostri muscoli. La fatica però è ripagata e finalmente arriviamo a destinazione, accompagnati nel tragitto dalla sagoma imponente del monte Niesen, appuntito ed imbiancato di neve: vetta delle Alpi Bernesi alta 2.362m, spicca per la sua tipica forma simile ad una piramide quasi perfetta.

L'arrivo a Spiez è accolto da strade trafficate e dallo stesso saliscendi che ha reso più impegnativa l'ultima parte del nostro itinerario. Questa cittadina di circa 12.500 abitanti ebbe origine come insediamento celtico tra il IV secolo a.C. ed il II secolo a.C., mentre il territorio sul quale sorge rimase grossomodo disabitato durante l'epoca di occupazione romana e conobbe una fase di ripopolamento solo con l'avvento del Medioevo. Il primo casato nobiliare a governare la città fu quello degli Strättligen, i cui rappresentanti si stabilirono nella regione su mandato di Rodolfo II re di Borgogna intorno al X secolo d.C. Successivamente si avvicendarono nel possesso feudale della località prima la famiglia aristocratica dei Bubenberg, che la acquistò nel 1388 dagli Strättligen per un valore pecuniario corrispondente a circa 6 milioni di Franchi Svizzeri odierni, quindi il casato bernese dei Diesbach che la rilevò nel 1506 per cederla solo dieci anni più tardi, infine la stirpe patrizia degli Erlach, già funzionari ministeriali dei conti di Neuchâtel. Il lascito di tutta questa considerevole storia è conservato tra le mura dello Schloss Spiez, il castello medievale che occupa il centro della cittadina: è questo sicuramente il punto di interesse più rinomato presente tra i confini di questa località, il polo attrattivo attorno al quale da secoli ogni evento si è venuto a svolgere, un vero monumento parlante, e la storia che racconta è la storia di Spiez e dei suoi abitanti. Fu eretto intorno al X secolo per ordine di Rodolfo II re di Borgogna, sebbene la struttura attuale risalirebbe ad un periodo compreso tra il XII secolo ed il XIII secolo. Nel corso dei decenni successivi alla sua costruzione fu sede dei casati nobiliari che si susseguirono nel dominio di questa regione, fino a quando nel 1798, in seguito all'invasione francese dei territori svizzeri, la stirpe degli Erlach lo abbandonò lasciandolo pertanto disabitato, e nonostante questo la proprietà dell'edificio rimase agli Erlach fino al 1875. A partire da questa data il castello conobbe un periodo di trascuratezza dovuto al rapido susseguirsi di differenti proprietà, fintanto che nel 1927 venne promossa un'iniziativa per ristrutturare e riaprire al pubblico il sito storico, ed a tale scopo fu indetta una lotteria pubblica che raccolse fondi per circa 115.000CHF.

Oggi la struttura imponente di questa antica fortificazione è riconsegnata in ottimo stato di conservazione al patrimonio storico della città. Vi giungiamo percorrendo una stretta strada in ripida discesa, costeggiando su un lato ampi vigneti: la coltivazione della vite è storicamente una delle attività produttive più importanti di Spiez, la sua tradizione risale addirittura al XIV secolo, ma la produzione di vino qui conobbe una pesante battuta di arresto sul principio del XX secolo, quando le colture furono colpite da una grave piaga parassitaria che danneggiò ampiamente i raccolti ristabilendosi solo un ventennio più tardi. Varchiamo il portale di accesso della fortezza e subito siamo proiettati dentro un meraviglioso cortile interno costituito da un perfetto tappeto d'erba verde circondato da ordinati camminamenti di ghiaia. La sagoma del corpo principale del castello, dotato di numerose finestre e coperto da tetti appuntiti, si affaccia accogliente sullo spazio del cortile, mentre su un lato, proprio dietro il portale di accesso che abbiamo appena percorso, si staglia alta e minacciosa la figura della torre, di fattura più grezza e squadrata, piena e compatta. La lampante discordanza tra queste due strutture è il risultato delle opere di ingrandimento, ristrutturazione e rinnovamento di cui il corpo principale venne fatto protagonisto tra il XV secolo ed il XVIII secolo, mentre la torre mantiene ancora oggi intatto il carattere prevalentemente difensivo che la contrassegnò fin dalla sua costruzione, nonostante nel corso del XVI secolo venne risistemata con l'aggiunta di nuovi piani che la portarono a raggiungere l'altezza attuale di 39m. Su un lato del cortile pochi scalini conducono ad una piattaforma ombreggiata da sottili alberi da fusto e aperta sul panorama offerto dal Thunersee, il Lago di Thun. Quest'ultimo è un esteso lago naturale generato dalle acque del fiume Aare e formatosi dopo la conclusione dell'ultima glaciazione, circa 10.000 anni fa'. Era inizialmente collegato al vicino Brienzersee (o Lago di Brienz) con il quale formava originariamente un unico bacino lacustre noto come Wendelsee, da cui poi si separò a causa della deposizione di detriti sedimentari trasportati dai corsi d'acqua affluenti nel lago. Con 48km² di superficie complessiva è l'ottavo lago più esteso della Svizzera, il primo per grandezza interamente compreso tra i confini del Canton di Berna; la sua denominazione deriva da quello del capoluogo costituito dalla vicina città di Thun. Circostanza che ha dell'incredibile è apprendere che in seguito al termine della II Guerra Mondiale e fino al 1964 il governo svizzero, rimasto neutrale durante il corso dell'intero conflitto continentale, decise di smaltire le munizioni inutilizzate gettandole nelle profondità del Thunersee, sul fondo del quale si trovano oggi pertanto dalle 3.000t alle 9.000t di materiale bellico. La vista sul lago dall'interno dello Schloss Spiez è davvero meravigliosa, uno specchio azzurro piatto e regolare a perdersi tra le pendici delle vicine colline. Ne approfittiamo per cogliere un istante di riposo dalla pedalata appena conclusa, disponendo delle comode panchine di cui il cortile è fornito, e ci rilassiamo all'ombra degli alberi con davanti agli occhi la spettacolare vista sul lago. L'unica presenza fissa e costante a farci compagnia è quella di Adrian von Bubenberg, cavaliere bernese immortalato in un'elegante statua posta su un piedistallo in un angolo della piattaforma panoramica: costui fu uno degli abitanti più celebri della fortezza, vissuto nel XV secolo ed acclamato come abile comandante militare, eroe della battaglia presso Murten che sancì un'importante vittoria dell'esercito confederato svizzero sui burgundi nel corso del conflitto bellico che vide contrapposti i due popoli e che decretò la caduta del potere barbaro con la conseguente ascesa degli Asburgo.

Oggi all'interno dello Schloss Spiez è ospitato un prezioso museo storico oltre ad un ristorante ed un caffè; tuttora ben conservate, alcune sale del castello costituiscono comunque un grande patrimonio artistico e culturale per la città. Il sito è inoltre impreziosito dalla presenza della Schlosskirche, la piccola chiesetta del castello, datata intorno al X secolo e posta proprio di fronte alla fortezza oltre lo spazio del cortile: di fattura semplice ed in stile romanico, arricchisce un luogo già di per sè prezioso, insieme all'appartato roseto che proprio davanti alla struttura della chiesa, oltre lo stretto sentiero, dona un tocco di colore all'intero complesso. Prima di predisporci al ritorno verso casa non ci resta che volgere lo sguardo per un istante dal lato opposto del cortile rispetto a quello lungo il quale sorge la piattaforma panoramica sul Thunersee: qui la vista spazia sul porto di Spiez, poco pià in là sulla città vera e propria, ed oltre questa sulla catena montuosa delle Alpi Bernesi, patrone millenarie di questa regione, con il loro profilo spigoloso e le cime innevate a sovrastare l'orizzonte. Con un sospiro mi rendo improvvisamente conto che questa terra è tanto pregiata che anche la Natura, custode attenta, come la statua di Adrian von Bubenberg, si è vestita di una elegantissima armatura per salvaguardarla.

L'ultimo tratto in saliscendi compiuto in sella alle nostre biciclette è stato più faticoso del previsto e non ci ha lasciato energie a sufficienza per tentare il ritorno sulle due ruote. Decidiamo così di volgere a Thun approfittando della puntuale linea ferroviaria, ed in una manciata di minuti appena siamo nuovamente al punto di partenza. Il tempo risparmiato lo impieghiamo per la visita di un ultimo spettacolare luogo: nel punto in cui l'Aare fuoriesce dal Thunersee, nella metà meridionale di Thun, si trova un palazzo incantato, lo Schloss Schadau. Questa pregevole dimora aristocratica venne realizzata nel 1846 dall'architetto Pierre-Charles Dusillon, sul luogo di un più antico podere, come abitazione per il ricco banchiere Abraham Denis Alfred de Rougemont, originario di Neuchâtel. L'aspetto esteriore con il quale si presenta è davvero splendido, elegante, raffinato, ricercato, manifesto magnifico dell'architettura neogotica, impreziosito, se mai ce ne fosse stato bisogno, da un perfetto quanto pacifico ampio giardino all'inglese che contribuisce a definire, insieme all'edificio stesso, l'atmosfera nobile, fiera e superba dell'intero ambiente. Concorrono a definire la bellezza del palazzo anche le attente opere di ristrutturazione cui fu sottoposto tra il 1972 ed il 1992.

Oggi all'interno della residenza, divenuta proprietà dell'associazione culturale svizzera Gottfried Keller-Stiftung, sono ospitati un museo gastronomico ed un costoso ristorante, mentre l'ampio parco intorno alla dimora è stato consegnato ai cittadini di Thun come spazio libero e aperto al pubblico. Ed è davvero cosa buonissima, perchè basta attraversare il parco e circondare il palazzo per trovarsi in un meraviglioso punto panoramico affacciato direttamente sul Thunersee, un punto di veduta davvero privilegiato ed accessibile a tutti: da qui, avvicinandosi ai bassi parapetti di pietra che separano senza dividerli il palazzo dal lago, è possibile lanciarsi con lo sguardo direttamente a raso sulla superficie delle acque lacustri, in avanti verso le retrostanti pendici montuose, le quali magnificamente troneggiano sopra lo specchio del lago. Ci accomodiamo per alcuni minuti sul verde prato a godere la perfezione di questo luogo, insieme alle altre decine di persone che come noi approfittano del caldo Sole domenicale per trovare riposo e quiete, alcuni di essi addirittura si avventurano in un bagno nelle acque del lago. Il Thunersee ci si mostra in tutta la sua bellezza, senza reticenza o timidezza, completamente disponibile ai nostri sguardi ammirati. E mentre un'imbarcazione simile ad un vecchio battello a vapore trasporta al porto cittadino i turisti di ritorno da un'escursione sulle acque del lago, ci stendiamo al suolo e con un sospiro rimaniamo in silenzio ad apprezzare il clima di tranquillo svago familiare: del resto, quale posto migliore per trovare la pace della pacifica e silenziosa Svizzera.